#Diario del Professore

Cari prof, diamoci una regolata!

19 dicembre 2016

Una cosa che forse non tutti sanno, è che ormai tutte le aziende, quando devono valutare l'assunzione di un candidato, come prima cosa vanno a spulciare i suoi profili social. Eh sì, voi ve ne stavate belli tranquilli a condividere le foto di Diletta Leotta in bikini o l'ennesima bufala sulle scie chimiche, ignari del fatto che poi quel post o quella foto avrebbero potuto compromettere la vostra assunzione e lasciarvi disoccupati. Fregati!

Perché lo fanno? Beh, semplice: spesso, da quello che pubblichiamo online, emerge molto chiaramente il tipo di persona che siamo. Se siamo dei creduloni, degli incazzati col mondo, dei lamentoni patentati, se ignoriamo le regole base della grammatica italiana (e qui un buon 80% si frega da solo già con due post).

I tempi ci stanno cambiando sotto gli occhi e quello che fino a ieri era un mondo che chiamavamo “virtuale” oggi poi così virtuale non è più: il mondo social infatti ha definitivamente buttato giù i muri e reso ciò che facciamo, diciamo e pensiamo nel web solo un'altra faccia di quello che facciamo, diciamo e pensiamo nella realtà. Spesso, anzi, la nostra parte social può rivelare aspetti che di persona tendiamo a nascondere, poiché ci sentiamo liberi di sfogarci e di dire tutto quel che ci passa per la testa.

Ora la mia domanda è questa: perché il lavoro dell'insegnante dovrebbe fare differenza?

Mi spiego? Mi spiego.

Ho un profilo Facebook che ha un po' di seguito. Ebbene, voi non avete idea di quante volte mi capiti di imbattermi in commenti, scritti da insegnanti o sedicenti tali, pieni di parolacce, offese, addirittura a volte pregni di atteggiamenti discriminatori di tipo omofobico o xenofobico.

Così ho fatto una ricerca, prendendo a campione alcuni commenti su post di altre pagine, e ho scoperto che altrove è lo stesso: è pieno di docenti che usano un linguaggio becero (lasciando stare gli orrori grammaticali), ma ancor peggio del linguaggio che esprimono idee di razzismo, di odio, di cattiveria allo stato puro.

Naturalmente quello che vorrei io non è una specie di purga staliniana, figuriamoci. Ma mi chiedo: non è forse giunto il momento che si scriva, magari tutti insieme, un codice etico per chi svolge una professione così delicata? Non è importante che la nostra immagine, anche al di fuori delle mura di scuola, non veicoli messaggi di tipo razzista o omofobico? Non dovremmo osservare, noi che facciamo questo lavoro, un decoro anche nel virtuale?

Perché quello che scriviamo online è comunque un aspetto della nostra vita pubblica, e io credo che, poiché l'esempio è la prima e più alta forma d'insegnamento, sia importante che noi diamo per primi il buon esempio. Se non altro nella materia fondamentale che dovremmo insegnare, tutti, a prescindere dalla materia: il rispetto per gli altri.

PAGA CON

Ciao, benvenuto su ScuolaZoo! Come possiamo aiutarti?

ScuolaZoo