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Steven Spielberg, un classico

26 settembre 2016

Sei a scuola, una secondaria di secondo grado come tante, da qualche anno ti pagano per insegnare la cosa che più ti piace (no, non è la ginecologia!) e tu cerchi di fare vedere film di qualità.

Anche rari, anche poco conosciuti, anche che ami solo tu e speri dopo anche loro come te. Anche conosciuti ma che di sicuro i ragazzi non avranno visto. Cerchi di insegnare loro i segreti, la tecnica, la storia, il pensiero, di leggere tra quelle righe che si chiamano inquadrature.

Cerchi di fare il tuo insomma. Così al naturale come il Rio Mare, come meglio ti riesce.

Ora sei in classe invece, stai terminando la visione e il commento di un film di fantascienza del 1977. È vecchio secondo i ragazzi. Tu ribatti che ha solo tre anni più di te, quindi è pure lui "recente". E poi a te sembra sperimentale ancora oggi, ma tu un iPhone come loro non ce l'hai mai avuto né ce l'avrai mai probabilmente.

Anche i ragazzi, comunque, per una volta sono concordi che "Sì prof., ma come hanno fatto a fare quegli effetti speciali nel '77?".

Ma è arrivata la fine del film intanto e tu ora già non li ascolti più, non sei più capace di ascoltarli, sei altrove, perché hai visto una cosa, una semplice scritta, e quando appare quella scritta - "A Steven Spielberg Film" - il tuo cuore è a mille e il pensiero ti va da tutte le parti o in due sole.

No, tu non stai più facendo il tuo lavoro, quello per cui ti pagano, e stai pensando solo a due cose:

1) a chi hanno dato il Premio Nobel per la Pace nel 1977?

2) finalmente hai capito perché sei lì in quella scuola, in quella classe, con quel film, perché ti pagano per farlo vedere. Perché tu, in quell'astronave chiamata Cinema con Richard Dreyfuss, ci sei finito tempo fa e ancora gli alieni non ti hanno riportato indietro.

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