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Terremoto nel centro Italia: i ragazzi potranno andare a scuola?

29 agosto 2016

È trascorsa quasi una settimana dalla tragica notte del 24 agosto, dal quel terremoto che ha scosso terra e animi portando via, dal nulla, in una manciata di secondi, le vite di 290 persone. Tante sono state salvate, ma tra quelli che non ce l'hanno fatta ci sono, purtroppo, tanti bambini e ragazzi, la cui scomparsa ha lasciato un senso di vuoto incolmabile nelle vite dei genitori superstiti.

In mezzo a tutto questo dolore e scompiglio, il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini ha ribadito più volte il desiderio di voler dare a tutti segnali di speranza e di fiducia: si potrà tornare presto alla normalità e il primo passo per farlo è fare in modo che l'anno scolastico possa iniziare in modo regolare, nonostante tutto.

Il Miur attiverà presto una task force per fare in modo che docenti e dirigenti scolastici possano avere tutto il necessario per creare le condizioni di regolarità necessarie a un riavvio sereno della scuola.

Gli studenti coinvolti sono ben 750. Al momento, non è stata manifestata alcuna volontà di trasferirli in altri istituti. Sono, infatti, in corso le verifiche tecniche su 15 scuole della zona. Si sta lavorando in collaborazione con Regioni ed Enti locali per agevolare e velocizzare tutti i controlli necessari per la valutazione della sicurezza degli edifici.

Per rendere tutto questo possibile, verranno utilizzati 3 milioni di euro, ai quali seguiranno altri 20 milioni previsti dalla legge per la Buona scuola, che saranno adoperati per gli interventi di adeguamento antisismico. Il primo motore della ripresa saranno, dunque, le istituzioni scolastiche e per questo si interverrà con il sostegno costante della Presidenza del Consiglio e della Protezione Civile.

La Giannini ha dichiarato: "Faremo restare tutti gli studenti nella loro zona: la scuola è una parte essenziale di quel senso di comunità che è importante tenere vivo". Si cercherà in tutti i modi di evitare soluzioni provvisorie, tipo i prefabbricati o i container, come i Musp (Moduli a uso scolastico provvisorio), già utilizzati dopo il terremoto in Abruzzo.

Rimane il fatto che la metà degli istituti scolastici dislocati sul territorio nazionale non sono a norma: almeno 20mila scuole sono state costruite prima de 1974, ovvero prima che entrassero in vigore le norme antisismiche. Se a questo si aggiunge il fatto che la scuola di Amatrice, crollata, era stata ristrutturata secondo norme antisismiche, la situazione non sembra esattamente così rosea come si vorrebbe far credere.

La verità è che quando si tratta di vite umane non si può più giocare al gioco delle colpe. Si tratta di vite, non pedoni. Quindi che la scuola inizi per tempo o no, l'unico punto da risolvere è fare in modo che tutti i soggetti coinvolti, dal Governo alla Magistratura, facciano sì che tutto questo non accada più e che la parola scuola sia unicamente sinonimo di sicurezza, d'ora in poi.

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