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Una giovane studentessa ricorda Peppino Impastato

24 maggio 2016

Mentre a “Porta a Porta” andava in onda Salvo Riina, figlio del boss Totò, che dissertava sui comandamenti invocando l’obbedienza a «onora il padre e la madre» e lasciando da parte il più eloquente «Non uccidere»,  in un talent show Chiara Perreca, sedicenne di Bacoli, provincia di Napoli, ha dedicato il suo monologo alla figura di «un uomo vittima di mafia», Peppino Impastato.

Devo dire la verità, io non vedo quei programmi, non credo nei bambini prodigio, anzi, mi tengo a distanza da tutto quello che arriva prima del tempo per capire. Di solito sono ragazzi scaraventati in una  scatola mediatica la quale improvvisamente trasfigura la loro vita per pochi mesi. La stessa che poi li ributterà nelle vecchie scartoffie e li rimpiazzerà con ragazzi più giovani e più sguaiati.

Ma l’altra sera non so come mai, mi sono fermata per 100 secondi e ho ascoltato Chiara. Mi sono resa conto che tremavo. In tutti questi tramestii ipocriti, Chiara fermava per poco più di un minuto tutti i fragori deliranti parlando di Peppino Impastato. Quanto ha contato per me Peppino, quanto mi è stato vicino nelle mie lezioni quando facevo sentire "I 100 Passi" ai miei allievi, che poi guardavamo il film e incominciavano ad amarlo sempre più.

Peppino Impastato, quel piccolo grande uomo figlio della terra di Totò Riina, entrava nella loro vita per non uscirne più. Ha imparato bene la lezione la piccola Chiara, ha imparato che la mafia uccide ma il silenzio ancor di più. E lei non ha taciuto, non si è proposta vestita e truccata con abiti da circo in una sala composta dalla famiglia piangente o come esempio di  un modello giovanile banale e insignificante.

No, Chiara ha parlato di Peppino Impastato, Pinelli, Feltrinelli, Aldo Moro, Mafia. I misteri di questo paese. Quei cento secondi, quei cento passi tra un sorriso e il ricordo di un pianto. Chiara è la voce che insegno ad ogni mio allievo, uno alla volta. Perché la cultura è un bene primario e come tale deve diventare  il clamore da sbattere in faccia alla nostra e loro esistenza.

Noi insegnanti, che tentiamo di portare i ragazzi ogni giorno verso l'autenticità, sappiamo che loro saranno gli unici a poter salvare questo mondo. E se è da piccoli che imparano le cose più importanti, da camminare fino a saper cadere, piangere e rialzarsi, amare e imparare, allora lasciamoli cantare e recitare a squarciagola in classe, con i loro amici, in famiglia, ma soprattutto dove ci sia qualcuno che sa ascoltare. Noi siamo l'infanzia di queste meravigliose creature, sforziamoci di dipingere la loro memoria e la loro coscienza. Percorrendo quei cento passi di Peppino Impastato insieme.

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