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Prima prova Maturità 2014 – Saggio breve Artistico-Letterario: Il Dono, disinteresse e reciprocità

18 giugno 2014

Il Dono: disinteresse e reciprocità

Volendo cercare il significato profondo della parola “dono” ci troveremmo a ragionare sulla sua etimologia e quindi sul verbo “dare” da cui deriva. Il dono può quindi essere inteso come uno “scambio senza reciprocità” e fondato su null’altro che la volontà di dare qualcosa a qualcuno.

1 - Un profilo storico-culturale

Le forme di dono nella storia, nell’arte e nella letteratura sono molteplici: il dono può essere un oggetto, un sentimento o un concetto astratto.

Ma procediamo per gradi.

QUADRO PARMIGIANINO RITROVATO

Nella concezione Cristiana, nella quasi si fonda in gran parte la nostra cultura occidentale, il più grande dono di Dio è la Grazia, la sua bontà, che si incarna nel suo unigenito Gesù, il Cristo, il Messia, il Rendentore che i profeti hanno annunciato e che i Magi, da lontano, sono venuti ad adorare, come decritto in innumerevoli opere figurative, fra cui ci piace citare “L’adorazione dei Magi” di Parmigianino, del 1529 (circa): nel dipinto la visione è dominata da Gesù, che riceve l’oro, l’incenso e la mirra. Il bambino abbraccia il dono e lo fa suo, quasi a consacrare la sua regalità. La sua figura è lucente e illuminata da una luce diversa rispetto al resto del dipinto, riflesso della sua origine divina.

Nella tradizione Cristiana questo dono di Dio si celebra nel Natale, ricorrenza nella quale, da lunga tradizione,  fedeli ricordano il Dono di Dio scambiandosi regali. La tradizione del regalo di natale è profonda e radicata e irrinunciabile anche nei contesti più poveri, come viene raccontato ne “Il dono di Natale” di Grazia Deledda dove un “bel bambino rosso, con due riccioli sulle tempie e gli occhi già aperti” diventa, in una famiglia di pastori sardi, il dono della madre ai fratellini quasi a ripercorrere la nascita di un nuovo messia, che porterà redenzione alla famiglia.

Esulando dal concetto cristiano e attingendo alla tradizione precedente il dono è anche solo amore, come nella storia di Antioco e Stratonice: Stratonice, sposa del padre di Antioco, vedendo che il figlio, frutto di una precedente unione, era innamorato della matrigna e ricambiato, la ripudia, per consentirgli di sposarlo. Il pittore Jacques-Luis David illustra, nel 1774 esattamente questo episodio mostrando il vecchio padre, vestito di un drappo rosso, che offre la posa al figlio. Lui si pone al centro, in ombra, mentre la sposa Stratonice e il figlio Antioco sono in piena luce, una luce che proviene dalla sinistra del quadro, di sbieco, dai riflessi quasi caravaggeschi che illumina le loro vesti bianche, simbolo della purezza che li anima.

2 - Donare con disinteresse

Ma dunque ci verrebbe da pensare al dono come a qualcosa di assolutamente bello e privo di ogni ritorno utile. Theodor Adorno, ad esempio nella “Minima Moralia. Meditazioni della vita offesa” riporta il senso del dono alla felicità non tanto di chi riceve quanto di chi offre, investendo tempo più che denaro, in una scelta ben ponderata di ciò che potrebbe far piacere all’altro. E allo stesso tempo critica la diffusione, meramente consumistica dei così detti “articoli da regalo”: oggetti che sono, per sua definizione “fondi di magazzino fin dal primo giorno”. Gli articoli da regalo in effetti fanno presupporre che non si sappia cosa regalare e di conseguenza che non sia abbia nessuna voglia di donare.

Sapeva invece esattamente cosa stava donando l’americano Matt Jones, che “senza perchè”, dona un suo rene innescando così una catena di trapianti che salverà la vita a sette persone. Un dono senza reciprocità, un dono senza scambio, un dono fatto per la pura felicità dell’altro.

3 - Donare con interesse

Esattamente opposto al concetto espresso nel paragrafo precedente è invece uno dei “doni” più famosi della storia: la Donazione di Costantino, un documento per secoli ritenuto veritiero che legittimava, in seguito ad un editto dell’imperatore Costantino, la sovranità del Papa come vescovo di Roma, il primato su tutte le chiese, la sua superiorità su tutti i sacerdoti e la sovranità su una serie di territori. Questo documento ha segnato anche un secondo passo nella storia: in epoca rinascimentale Lorenzo Valla, per certi verso “l’inventore” della filologia, dimostrò la falsità di questo testo. La Donazione di Costantino ci apre la riflessione sul dono inteso come merce di scambio. Ripercorrendo i secoli la formula del “do ut des” arriva anche ai nostri giorni, ai tempi di internet e della comunicazione mediatica, l’epoca delle “comunità virtuali” che vivono di scambi telematici e non più di relazioni fisiche.

Il dono diventa così, nella società moderna, moneta o oggetto di baratto. Diventa l’elemento di una sottaciuta funzionalità che simula la gratuità ma sottointende un interesse: praticando l’atto del dono “addirittura per comprare l’altro, per neutralizzarlo e togliergli la sua piena libertà”, come sostiene Enzo Bianchi nel suo “Dono. Senza Reiprocità”. Bianchi sostiene una tesi molto forte e disillusa, di come l’atto del donare diventi, nella società di oggi qualcosa di crudo, ai limiti della perversione. Uno strumento che vincola il ricevente a chi ha donato. Anche la carità e la Grazia di Dio rappresentano una merce di scambio quasi una minaccia.

4 - Conclusioni

Vale la pena allora riportare l’attenzione all’etimo, all’origine della parola. Oggi, nel sentire comune, “donare” è diverso da “dare”, donare presuppone l’asimmetria del movimento, senza il bisogno di un reciproco scambio. “Dare” presuppone la vendita, lo scambio, il prestito. La modernità e il ritorno di un’utilità nel concetto di dono evidenziano questo distacco fra l’origine della parola e il significato simbolico che ha assunto nei secoli. L’uomo del ventunesimo secolo ha posto uno spazio fra l’etica e la poesia del porgere senza uno scambio.

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