#Maturità

Prima prova Maturità 2014 – Tema di ordine generale "Il rammendo delle periferie" - Renzo Piano

18 giugno 2014

Nel corso del Novecento, la città ha subito una radicale trasformazione, un processo di cambiamento che ha raggiunto la sua massima esposizione negli anni 60. La rapida crescita economica ha permesso alle città di espandersi senza però concedere il tempo di riconoscersi in una forma unitaria, un’identità comune.

Renzo Piano, nell’articolo “Il rammendo delle periferie” al Sole 24 Ore, solleva una ulteriore questione in riferimento alle periferie delle nostre città. Il degrado urbanistico che spesso le caratterizza è frutto di incuria e abbandono da parte delle istituzioni, questo si riflette non solo nell’estetica dal punto di vista architettonico ma in un vero e proprio modo di vivere la città e la vita che si differenzia in modo netto dagli usi del centro città.

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In questo Piano centra il punto, la marginalità non è soltanto “fisica”, la periferia è metafora della condizione sociale che viviamo all’interno dei nostri paesaggi urbani. Spesso nell’assencondare la smania dell’espansione, le amministrazioni non si sono curate di cercare un modulo unificante rispetto al centro della città. Dal punto di vista del solo aspetto ambientale, le periferie spesso sono l’insieme di edifici costruiti senza una progettualità a lungo termine, sono il frutto dello sfruttamento del suolo fine a se stesso, un insieme di mostri edilizi completamente diversi tra loro.

Questo disordine e incuria si riflette, di conseguenza, nella condizione sociale della popolazione che abita queste zone cittadine. Spesso infatti la marginalità delle periferie riflette la marginalità degli individui che la abitano all’interno della società.

I luoghi sono chiusi, i quartieri diventano vere e proprie tribù separate fra di loro da  riti e usanze derivanti dalla propria condizione sociale. Spesso la comunicazione con il resto della città è ridotto, le iniziative rilevanti di tipo culturale toccano marginalmente queste aree, alle quali rimangono tendenzialmente i monopoli delle feste che possiamo definire “popolari”. Anche dal punto di vista del trasporto pubblico spesso queste aree rimangono parzialmente isolate, o comunque non servite adeguatamente. L’incidenza della criminalità è più elevata, infatti, anche per la latitanza delle amministrazioni e per l’isolamento che le periferie vivono. Il termine “periferia” è quindi, in molti casi, associato al concetto di condizione che vivono i suoi abitanti. Cosa possiamo fare? Renzo Piano parla di idee, di nuova linfa, di scommesse e di futuro. Ed è proprio da qui che dovremmo ripartire. Non demolendo ma riqualificando. Donando alle zone ai margini della città dei punti di aggregazione, una sorta di alternativa al centro storico.

Nelle periferie è forte la concentrazione di umanità, sono presenti molto spesso, centri di volontariato, oratori, centri ricreativi e sportivi. Partire dalle persone per identificare una linea comune di sviluppo, coinvolgerle nel processo di riqualificazione, affidare agli stessi cittadini compiti di micro-costruzione per rendere l’ambiente circostante più vivibile per se stessi e per i proprio concittadini.

Investire nell’ambiente è investire sulla propria vita, per questo Renzo Piano si ispira al modello nordeuropeo e parla, oltre che di aree verdi, anche e soprattutto di ecosostenibilità.

Le periferie, possono e devono essere recuperate. Non servono ruspe per bonificare aree infinite di territori.

Sono sufficienti piccoli interventi, che abbiano però uno scopo diverso da quello che fino ad oggi è stata la forza motrice dei piani di governo del territorio di moltissime amministrazioni: unità.

Le parole d’ordine per ricostruire il nostro territorio devono essere parole di trasformazione, vivibilità e ambiente.

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