#Maturità

Soluzione 2° Prova: Prodotti Vegetali 2015 – IT Agrario

17 giugno 2015

Traccia svolta dai Tutor di Docsity collaborazione (1)

PARTE 1

Il territorio del cuneese sotto il profilo pedologico è caratterizzato da terreni prevalentemente alluvionali, tendenzialmente sub-acidi, con tessitura da sciolta a medio impasto. L'altitudine è compresa tra 250 e 800 m dove la si ha la formazione di brezze «di monte» a senso alternato mattino e sera che determinano condizioni particolarmente favorevoli alla melicoltura. Altro effetto peculiare è dato dalle forti escursioni termiche circadiane e dai cicli di bagnatura/asciugatura dell'epidermide dei frutti che interagiscono positivamente con il genotipo delle cultivar di melo atte a sviluppare una sovra-colorazione rossa della buccia sia per quanto riguarda l'estensione che la tonalità della colorazione.

Per quanto riguarda le caratteristiche pedologiche del territorio possiamo individuare essenzialmente due aree distinte. La prima è una zona sud, che corrisponde sostanzialmente all'altipiano cuneese in cui prevalgono suoli evoluti, dotati di una certa profondità con differenti orizzonti di accumulo di argilla ed un substrato ghiaioso relativamente superficiale. L'altra zona è la rimanente porzione di territorio a nord del cuneese e comprende il saluzzese ed il pinerolese le cui caratteristiche pedologiche sono riconducibili a suoli originati da depositi alluvionali molto recenti, ghiaiosi o profondi ma ben drenati.

Relativamente alle temperature, dicembre è il mese più freddo (- 1,2 °C - 4,2 °C), mentre luglio - agosto sono i mesi più caldi (26 °C -28 °C).

L'insieme di questi fattori determinano l'instaurarsi di ottime condizioni per l'impollinazione (sull'altipiano cuneese si riscontra infatti bassa umidità relativa e brezze che agevolano il volo degli insetti pronubi e di conseguenza facilitano la veicolazione del polline).

Grazie alla vicinanza della catena Alpina, tutta l'area frutticola del cuneese gode di una sufficiente disponibilità idrica utile per la coltivazione della mela.

Si tratta di un territorio dotato di caratteristiche pedoclimatiche particolari, quali l'altitudine, la latitudine e la conformazione orografica, che rappresentano elementi essenziali nella determinazione delle particolari condizioni di intensità e qualità della radiazione luminosa, di escursione termica giornaliera e di alternanza dei cicli di bagnatura/asciugatura dell'epicarpo dei frutti.

La zona descritta presenta una elevata vocazionalità ambientale per la produzione della mela rossa. Le varietà di mele rosse più diffuse sono le mele appartenenti al gruppo gala, le Red Delicious, le Fuji, le Modì che sono caratterizzate da una resistenza genetica alla ticchiolatura e le Pinck Lady.

Le coltivazioni di melo in Piemonte sono caratterizzata da elevate densità di impianto sino ad arrivare a 4.00 alberi ad ettaro. Densità che sono possibili grazie all’impiego dei portainnesti nanizzanti, gli alberi hanno una taglia più bassa e sono più facilmente governabilità terra, così riducono i costi di gestione del meleto e specialmente dei trattamenti e della raccolta.

Numerosi sono i possibili portainnesti del melo un tempo i più usati erano quelli derivanti da seme mentre i portainnesti clonali sono entrati successivamente in uso. Tra questi prevalgono quelli deboli come l’M9 primo fra tutti seguito dall’M26. Di media vigoria l’MM106 è molto diffuso. Per quanto riguarda la scelta della vigoria, si privilegia la scelta dei portainnesti deboli anche se sta emergendo una tendenza all’uso di forme di allevamento ad ipsilon trasversale in cui vengono privilegiate combinazioni di cultivar e portainnesti vigorosi. Il portainnesto franco, il cui utilizzo è in continua diminuzione a favore dei portainnesti clonali, presenta un apparato radicale molto espanso che assicura un ottimo ancoraggio, risulta in genere rustico ed è molto eterogeneo nel suo comportamento.

La forma di allevamento e i sesti sono scelti in relazione al raggiungimento degli obiettivi quali: facile meccanizzazione di tutte le operazioni colturali, anticipo di fruttificazione e miglioramento della qualità. La coltura del melo ha subito negli ultimi anni notevoli evoluzioni nell’assetto varietale, nelle forme di allevamento e collegati a quest’ultime, nei sesti di impianto. Infatti si è passati da una frutticoltura prevalentemente estensiva, caratterizzata da forme di allevamento in volume, quali il Vaso e la Piramide, attraverso una fase semi-intensiva con forma di allevamento appiattite, di volume contenuto come la Palmetta e lo Spindelbush, ad una fase intensiva, contraddistinta da un’elevata densità di investimento, per l’utilizzazione di portainnesti nanizzanti (M9 e M27) e del Fusetto. I sesti di impianto per le diverse forme sono:

  • Il Vaso è una forma di allevamento presente nei vecchi impianti ed è impalcata su 3 branche inserite sul fusto ad un altezza di 70 cm -1m divaricate di 120°portanti altre sottobranche alternate.

  • La Palmetta è una tipica orma in ampiezza che si realizza lasciando un numero di branche tese nella direzione della fila e divaricate di 45°C, i sesti variano da 5m tra le file e 6-7m sulla fila per il franco, si riducono invece per i portainnesti deboli.

  • Le forme semilibere invece sono le più rispondenti per i portainnesti a sviluppo ridotto e le cultivar spur.

  • La forma di allevamento più diffusa in Piemonte è sicuramente il fusetto in forma libera caratterizzata da un palco costituito da 4 branche corte e robuste, lunghe circa 1 metro posizionate a 60-90 cm dal colletto e da un asse centrale rivestito di corte branchette produttive con angoli di inserzione sull’asse molto aperti

Un operazione quasi sempre necessaria è il diradamento dei frutti che ha lo scopo di riequilibrare la carica produttiva dell’albero alle sue effettive potenzialità ed è finalizzato al raggiungimento di un elevato standard qualitativo dei frutti. In particolare la pratica del diradamento meccanico prevede l’azionamento, sulla parte anteriore del trattore, di un rotore verticale dotato di fruste

di plastica che colpiscono i fiori delle piante distaccandone una certa quantità. L’azione principale delle fruste consiste nell’asporto meccanico dei fiori dei corimbi nel periodo compreso tra la pre-fioritura e la fioritura. In questo modo viene ridotta la carica fiorale e quindi il numero di frutti per pianta. Un effetto indiretto è dovuto al rilascio di etilene da ferita, che provoca un’ulteriore cascola dei frutticini. Però le forme di allevamento devono essere diradatate in modo che l’effetto diradante possa avvenire su tutte le parti della pianta.

PARTE 2

  1. LA POTATURA del MELO

La potatura è una pratica che dente a modificare la morfologia e fisiologia della pianta per rendere più rapida la fruttificazione, migliorandone le quantità e qualità dei frutti.

PORTATURA di ALLEVAMENTO

Per poter avere delle piante equilibrate e produttive, nella potatura di conduzione, bisognerà seguire alcuni principi base:

- Non accorciare mai i rami di un anno ( rami che non hanno rametti laterali). La gemma apicale dei rami di un anno comanda la distribuzione della vegetazione lungo tutto il ramo; se si elimina, per esempio tagliando a metà un ramo, la linfa si concentrerebbe nel punto di taglio, gonfiando le gemme sottostanti che evolverebbero in succhioni a legno.

- Quelli di due o più anni hanno dei rametti laterali, quindi il taglio (taglio di ritorno) può essere fatto appena sopra ad uno di questi senza squilibrare il ramo tagliato; i vasi linfatici, così interrotti, andranno ad alimentare il rametto laterale che diventerà apice.

Eliminare alla base i rami ventrali (quelli che crescono diritti sulla parte superiore) delle branche inclinate facenti parte della struttura portante (scheletro). Questo intervento è meglio effettuarlo al verde, quando i succhioni sono lunghi circa 10 cm (maggio-giugno), poiché, crescendo verticali (succhioni), sono destinati a rubare linfa alla parte superiore della branca e resterebbero a lungo a legno e non a frutto.

- Alleggerire le cime al verde (a luglio-agosto) e al secco (senza foglie, in inverno). Significa eliminare i rametti laterali superflui che crescono immediatamente sotto l’apice delle branche; in questo modo si toglie competizione all’allungamento delle branche favorendo una rapida formazione dello scheletro e un buon rivestimento basale. Questi due benefici si ottengono dalla linfa che prima alimentava i rami competitori tolti alle cime.

- Inclinare a circa 45° le branche principali (vaso, palmetta a branche oblique e vaso). In questo modo si favorisce l’espansione della chioma dando luce e aria all’interno. Gli eventuali rami ventrali che possono nascere come conseguenza dell’inclinazione delle branche, verranno eliminati come già detto sopra.

- Piegare verso l’orizzontale i rami laterali (sotto-branche) per favorirne la messa a frutto. I rallentati afflussi di linfa grezza (ascendente) penalizzano la vegetazione, mentre lo stazionamento della linfa elaborata (discendente) favoriscono la diversificazione delle gemme a fiore e quindi la fruttificazione.

PORTATURA di PRODUZIONE

Le tipiche formazioni fruttifere del melo sono le lamburde e in minor misura i brindilli coronata ma numerose varietà producono frequentemente sui rami di un anno per cui la potatura deve quindi adeguarsi alla varietà. Tale operazione prevedere eliminare in primo luogo i polloni, i succhioni e le parti parassitarie, successivamente si taglierà una buona parte di rami di un ano posti verticalmente che tendono ad infittire eccessivamente la chioma, cercando di rispettare la forma scheletrica dell’albero con adeguati tagli di ritorno appena sopra i rami di prolungamento, qualora siano eccessive si diraderanno anche le produzioni fruttifere ossia le lamburde.

Negli alberi più vecchi che vegetano sarà utile asportare progressivamente intere branchette. La portatura del melo quindi è abbastanza intesa ma dipende molto dal portainnesto e dalla cultivar se standard o spur.

  1. DIFESA FITOSANITRIA nel MELO

La difesa antiparassitria del melo fa capo alle mattie fungine e agli insetti. Fra le prime la Ticchiolatura è da sempre una costante minaccia per la produzione e richiede un particolare impegno per la difesa, meno aggressivi sono altri patogeni di ordinaria presenza come gli agenti di Oidio e di cancri rameali. La ticchiolatura è in grado di colpire la pianta sin dalle prime fasi vegetative e richiede una particolare attenzione nel periodo compreso fra l’apertura delle gemme e la fase di “frutto noce”, in cui in caso di andamento climatico piovoso, può assumere un decorso distruttivo. Dunque, nelle prime fasi vegetative è opportuno prevedere una accurata protezione attraverso la copertura continua della vegetazione con fungicidi o modulando l’applicazione degli stessi in base all’andamento climatico reale e previsto, in modo da impedire lo sviluppo delle infezioni in modo preventivo.

Invece meno impegnativa è la difesa dello oidio sia perché è poco pericoloso per i frutti e sia perché diversi fungicidi utilizzati contro la ticchiolatura sono dotati anche di attività antioidica e quindi concorrono a limitare l’aggressività della malattia.

Agevole è anche la gestione dei cancri rameali in quanto i danni alla produzione sono generalmente limitati. I trattamenti possono quindi essere subordinati alla presenza dei sintomi della malattia allo scopo di evitarne la diffusione epidemica e il conseguente insediamento sulle grosse branche del fusto. I cancri possono invece comprometterne il regolare sviluppo delle piante giovani, per cui è opportuno proteggere i nuovi impianti con trattamenti cautelativi nelle fasi fenologiche a maggiore rischio di attacchi (caduta foglie e ripresa vegetativa).

I fitofagi in grado di danneggiare il melo sono numerosi, ma nel tempo la frequenta e la gravità delle infestazioni di alcune specie sono notevolmente regredite in seguito all’adozione di nuove tecniche di difesa ecocompatibili, rese possibili con l’avvento di preparati molto efficaci, selettivi verso gli ausiliari ossia predatori e parassitoidi e che agiscono, talora, anche contro insetti diversi da quelli non bersaglio.

La Cocciniglia, temibile in passato per le sue frequenti forti infestazioni è attualmente presente in rari casi. Il trattamento, eseguito alla ripresa vegetativa e contro le larve della prima generazione consentono di preservare i meleti da eventuali insediamenti. L’afide grigio del melo può essere ben contenuto. Invece la Carpocapsa conserva un elevato livello di temibilità per l’entità dei danni che è in grado di compiere. Se indisturbata, nel corso della stagione i suoi attacchi si aggravano progressivamente per cui è fondamentale l’ottenimento dei più elevati livelli di efficacia contro la prima generazione.

4) Cosa si intende con greening e come incide sulla nuova PAC

Il greening o pagamento ecologico è una delle sette componenti del nuovo sostegno della Pac. È la seconda componente in ordine di importanza dopo il pagamento di base, con una percentuale fissa del 30% delle risorse finanziarie, uguale per tutti gli Stati membri. Il pagamento greeningche rientra nel processo di inverdimento del sostegno all’agricoltura: una nuova forma di aiuto al fine di cambiare il comportamento di tante aziende agricole, soprattutto intensive.

Hanno diritto al pagamento greening solamente gli agricoltori che percepiscono il pagamento di base; quindi se un agricoltore non possiede i titoli del pagamento di base non può neanche accedere al pagamento greening. Per accedere a tale pagamento, gli agricoltori devono rispettare sui loro ettari ammissibili tre pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente che vanno rispettate congiuntamente: diversificazione delle colture, mantenimento dei prati permanenti e presenza di aree di interesse ecologico.

Il primo impegno è la diversificazione delle colture che si applica solamente ai seminativi, mentre le colture permanenti (frutteti, oliveti, vigneti, pascoli) sono esentate. Questo impegno prevede la presenza di: almeno due colture nelle aziende la cui superficie a seminativo è compresa tra 10 e 30 ha, nessuna delle quali copra più del 75% della superficie a seminativo; almeno tre colture nelle aziende la cui superficie a seminativo è superiore a 30 ha, con la coltura principale che copre al massimo il 75% della superficie a seminativo e le due colture principali al massimo il 95%. Quindi la terza coltura deve coprire almeno il 5%.

Una coltura viene considerata diversa se appartiene a un genere diverso e anche la terra lasciata a riposo o inerbita o dedicata ad altre piante erbacee per la produzione di foraggio è paragonabile ad una coltura differente. Colture invernali e primaverili sono considerate due colture anche se appartengono allo stesso genere.

Per evitare di penalizzare quanti già adottano sistemi di sostenibilità ambientale, l’accordo prevede un sistema d’“equivalenza d’inverdimento” in base al quale si considera che le prassi favorevoli all’ambiente già in vigore sostituiscano gli obblighi del greening.

Rientrano in questa tipologie gli agricoltori biologici e i regimi agroambientali che adottano misure equivalenti o munite di certificazioni ambientali, ma solo per aziende condotte con il metodo biologico o agroambientale.

Il mancato rispetto del greening comporta la riduzione del pagamento ecologico. Il greening colpisce solamente i seminativi; infatti tutte le colture permanenti legnose agrarie (frutteti, vigneti, oliveti, agrumeti, ecc.) sono esentate quindi percepiscono il pagamento ecologico senza dover cambiare nulla. Il rispetto dei vincoli sui prati e pascoli permanenti non desta particolari difficoltà nella situazione italiana, anche se va applicata con la debita attenzione.

In molti areali agricoli italiani, gli impegni del greening sono già applicati dagli agricoltori o possono essere applicati con facilità e, quindi, non richiedono particolari adattamenti da parte degli agricoltori, come in molte zone di collina e montagna, dove la diversificazione fa parte dell’ordinaria tecnica agronomica e dove le aree di interesse ecologico sono già applicate.

I maggiori cambiamenti sono richiesti nelle aree ad agricoltura intensiva, soprattutto di pianura.

La diversificazione delle colture richiede un cambiamento da parte delle aziende monoculturali o specializzate a mais, grano duro, pomodoro, tabacco, ecc.; queste aziende dovranno introdurre nuove colture per rispettare il greening oppure dovranno rinunciare al relativo pagamento.

Difficile è il rispetto della diversificazione nelle aziende medie, ad esempio un’azienda di 15 ettari che pratica la monocoltura annuale, coltivando interamente l’azienda a grano, poi l’anno successivo a girasole o mais. Questa azienda dovrà modificare l’ordinamento produttivo, coltivando annualmente due colture.

I maggiori impatti per le aziende intensive, con più di 15 ettari a seminativo, riguardano il vincolo delle aree di interesse ecologico.

Le aziende di collina o di montagna non avranno grandi difficoltà a destinare il 5% dei seminativi ad aree di interesse ecologico, in quanto possono facilmente trovare delle superfici marginali da destinare a questo scopo. Invece, questo impegno è molto impattante per le aziende agricole ad agricoltura specializzata, infatti un’azienda interamente seminata dovrà sottrarre almeno il 5% della superficie per aree di interesse ecologico.

Traccia svolta dai Tutor di Docsity collaborazione (1)

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