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Università, rapporto Ocse: Italia ultima per investimenti e laureati

14 dicembre 2015

Spesso si sente parlare di alta competizione tra i Paesi più potenti del mondo, per quanto riguarda mondo del lavoro, industria, scenario politico-economico e istruzione. L'Italia, che notoriamente non eccelle in molti ambiti, come è posizionata? Ce lo dice la classifica Ocse, uscita a fine novembre, che tiene conto di criteri di merito e numero di laureati per le 34 Nazioni più industrializzate del globo.

Addio lauree brevi. Sfogliando le 568 pagine dell’ultima edizione di «Education at a glance», il rapporto Ocse presentato al Miur, sono i numeri relativi all’istruzione superiore quelli che preoccupano di più, perché rischiano di condannare il Paese a un lento ma inarrestabile declino economico.  Pochi giorni fa, inoltre, è stato evidenziato sulle principali testate giornalistiche italiane il problema relativo all'età media dei laureati: quasi la totalità degli studenti universitari conclude il percorso di studi tra i 24 e i 34 anni, preferendo avventurarsi nel mondo del lavoro con in mano una laurea di II livello (laurea magistrale). Pochissimi, rispetto alla media europea, coloro che preferiscono terminare con una laurea di I livello (laurea triennale): probabilmente il boom di iscritti al biennio conclusivo è da imputare a scarse offerte lavorative rivolte a laureati triennali, elemento da valutare congiuntamente a possibilità di ottenere stipendi decisamente più elevati se assunti con una laurea di II livello.

"Da noi mancano i quadri intermedi, quei periti di cui le aziende tanto avrebbero bisogno, mentre in Francia ad esempio gli Istituti universitari di tecnologia sfornano informatici in due anni", spiega Francesco Avvisati, senior analyst presso l'Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). "In Italia non viene riconosciuto il giusto merito alla laurea breve: noi lo vediamo solo come uno step intermedio verso il conseguimento della magistrale".

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Pochi laureati. Le cifre parlano da sole: nel 2014 solo il 17% degli adulti italiani (età compresa tra i 24 e i 64 anni) risultava possessore di un titolo di studi universitario. Tanto per intenderci, se in Germania 1 tedesco su 2 ha una laurea, l'Italia è paragonabile (dati alla mano) a Paesi decisamente meno sviluppati come Turchia e Brasile. "Ci fosse almeno un ritorno economico", penseranno in molti. Neanche questo. Se in Brasile o Turchia, tanto per citare due Paesi, la differenza di reddito tra laureati e non sfiora il 104%, in Italia si aggira solamente intorno al 63%. «Evidentemente la priorità del sistema resta quella di formare belle menti, ricercatori, dirigenti, ingegneri. Non c’è l’idea di concentrare gli sforzi per elevare le competenze medie dei ragazzi usciti dalle superiori», commenta Avvisati. Insomma, tirando le somme: quei pochi (pochissimi!) che decidono di intraprendere il percorso universitario, si applicano senza accontentarsi (giustamente) della laurea triennale, ambendo al traguardo quinquennale; vengono così a mancare moltissime figure professionali che potrebbero decidere di proseguire gli studi  e concludere dopo soli 3 anni, rinforzando così il livello di forza-lavoro qualificata e maggiormente professionale.

Quando lo Stato non aiuta.  Per continuare a citare bilanci in rosso, occorre ricordare che non solo il numero dei laureati italiani risulta più basso della media europea, ma anche la quantità di fondi stanziati per l'Università e la Ricerca si rivela inadatto alle reali esigenze degli studenti: basti pesare che l'Italia investe appena lo 0,9% del Prodotto interno lordo, la metà del Regno Unito (1,8%) e comunque molto meno della Germania e della Francia (1,2% e 1,4%). Il sistema scolastico, come già evidente a partire dalle scuole superiori, è quindi sempre più sottofinanziato e impedisce, con lo stanziamento di eque risorse, l'emersione dei ragazzi non solo più brillanti, ma anche più volenterosi e disposti a continuare gli studi nell'ambito che più prediligono. "Il numero ridotto di iscritti all’università è legato a un welfare molto carente. Bisogna sostenere gli studenti, soprattutto al Sud. Sulle borse di studio abbiamo aperto un tavolo tecnico al Miur. La mia impressione è che sia il ministro Giannini che il presidente del Consiglio Renzi siano consapevoli che il futuro si gioca in investimenti nell’alta formazione", conclude il segretario Ocse.

VOI cosa ne pensate? Credete che le sedi universitarie siano adatte? Ritenete che dovrebbero esserci più studenti o che si debba al contrario sbarrare maggiormente l'accesso attraverso i test d'ingresso? Raccontateci i vostri pensieri e, se possibile, anche le vostre esperienze professionali!

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