#Diario del Professore

Prof risponde a Renzi: "Lei ha messo solo due tapparelle"

12 novembre 2015

Caro Matteo Renzi,

sono un professore di Lettere di una scuola media della periferia di una piccola città friulana.

Ho 38 anni e, da che mi ricordi, ho sempre voluto insegnare. Ho aspettato dieci anni per poterlo fare da prof di ruolo e poi, tre anni fa, un messaggio in segreteria: “Venga a firmare il suo contratto, lei è di ruolo!

Ho registrato quel messaggio, ce l’ho nel pc: lo ascolto, ogni tanto. Brividi, ogni volta.

Sì, mi piace così tanto insegnare che credo l’avrei fatto per altri trent’anni senza essere messo in ruolo. Sì, avrei sopportato altri trenta Natali coi parenti che subito dopo gli auguri ti chiedono: “Allora? Ti hanno dato la cattedra o no?”. E sì, l’avrei fatto comunque con passione, perché questo lavoro non lo fai per i soldi (direi proprio di no), né per avere una sicurezza, ma perché quando sei lì dentro quella classe, davanti quegli occhi, sai che sei al tuo posto.

Le scrivo questa lettera in risposta a quella che Lei ha mandato a tutti i docenti che hanno accettato l’assunzione in ruolo l’altro ieri.

Una bella lettera, toccante. Scritta bene, misurata in ogni parola e in ogni virgola. Bravo, davvero. Mi piacerebbe rispondere a quella lettera raccontandoLe una storia. Una storia vera. La storia delle tapparelle.

Vede, la scuola dove insegno io fa abbastanza pena, esteticamente e come struttura (non sarebbe neanche una scuola, a dire il vero: è un vecchio palazzo del Comune, solo che altre strutture non c’erano, e così, beh, oggi la usiamo come edificio scolastico).

Quando sono arrivato io, c’era il problema delle tapparelle: nel senso che c’erano, sì, ma erano tutte rotte, arrugginite, sfilacciate. Il sole del mattino ti entrava in classe e a volte era così diretto e forte che eri costretto a spostare tutti i banchi nella zona non toccata dal sole, e poi ogni cinque minuti tutti a ruotare un po’, perché nel frattempo il sole si era spostato. Scene abbastanza surreali, insomma.

Ogni anno noi lì, a chiedere al preside, al Comune, a tutti, di metterci delle tapparelle. E ogni anno: “Tranquilli, quest’anno arrivano, avrete le vostre tapparelle”.

Per cinque anni, niente. E poi quest’anno a settembre ecco, arriviamo a scuola, e le tapparelle sono lì, nuove di zecca, montate di fresco. Solo che sono solo due ogni quattro finestre. Per metterle tutte non c’erano i soldi, ci dicono. La cosa assurda è che, a vederle, ero felicissimo, dentro di me pensavo: finalmente abbiamo almeno due tapparelle per classe!

Ecco, quello che è successo l’altro ieri è esattamente la stessa cosa: abbiamo atteso per anni una cosa che ci spettava, che spettava agli studenti, alle famiglie, a tutti, e questa cosa non arrivava mai. Ogni anno sembrava fosse la volta buona e poi invece niente. Così quando l’altro ieri sono arrivate le proposte di assunzione in ruolo, ecco che ho visto colleghi in lacrime, felici, ho sentito di brindisi, di telefonate ai parenti, di pasticcini offerti in sala insegnanti.

Due cose, posso dire, riguardo a questo:

1) Ogni singolo insegnante costretto a fare il precario per dieci-quindici anni è un abominio, una schifezza, un’ingiustizia, sia contro di lui che contro i suoi studenti e aver messo la parola fine a una parte di tutto questo precariato non è stato un gesto magnanimo ma, come ha giustamente sottolineato Lei nella Sua lettera, solo un dovere.

2) Sarà anche stato un dovere, ma la verità è che per anni e anni nessuno lo aveva fatto. Non così.

Chi La critica a prescindere, probabilmente, l’avrebbe criticata anche se avesse assunto più precari, anche se avesse aumentato gli stipendi. Anche se avesse messo tutte le tapparelle a questa scuola, l’avrebbe criticata lo stesso.

Per questo la parte che più mi è piaciuta della Sua lettera è quella in cui chiede agli insegnanti di non cedere al vittimismo, alla rassegnazione e alla stanchezza. Perché nella scuola ci lavoro da un po’ e so che, anche se la maggior parte di noi fa questo lavoro con passione e dedizione, ce ne sono molti che invece proprio no.

Però si ricordi, per favore si ricordi che Lei ha solo messo due tapparelle. È qualcosa dopo anni di niente, e di questo La ringrazio, ma sono solo due tapparelle.

Con affetto

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