#Maturità

Dal primo giorno di scuola alla maturità: ricordi di una vita tra i banchi

27 ottobre 2015

Primo giorno di Scuola 2017: lo speciale di ScuolaZoo

Da quando ricomincia la scuola, ai compiti per le vacanze già svolti, ecco tutte le risorse di cui non puoi

Si sono aggiunti 12 anni e circa 40 cm alla piccola me che si guardava allo specchio la mattina di quel settembre che si potrebbe quasi raccontare come se fosse stato ieri, ma che io sento e vedo estremamente lontano nei miei ricordi. Mia madre mi accarezzava i capelli, e lo faceva piano, con una sicurezza di cui solo le madri sono capaci. Mi disse "comportati bene, mi raccomando". Poi mi fece indossare il grembiule, era azzurro e arancione, sul lato destro troneggiava in caratteri eleganti il mio nome: "Federica". L'unica parola che già sapevo scrivere bene, credo. Sì, era l'unica.

Perché quella mattina era il mio PRIMO "primo giorno di scuola". E ancora non sapevo che ci sarebbe stata un'altra dozzina di quelle mattine negli anni a seguire, e che sarebbero state tutte impregnate di un briciolo di nostalgia dell'estate trascorsa e di un pizzico di trepidazione mista a noia per il nuovo anno scolastico che sarebbe iniziato. Le prime volte sono sempre così, e lo avrei capito solo dopo tanto tempo. Forse solo adesso. Le prime volte di ogni cosa sono le più belle perché sono un turbine di emozioni che non starebbero mai insieme normalmente. Ogni prima volta è memorabile. Quel giorno andai a scuola con il mio zaino e il mio diario, lo avevo comprato qualche giorno prima. Sul volto della Barbie della copertina si apriva un sorriso smagliante ed immagino che sia ancora lì che sorride dentro la scatola dove conservo i cimeli più importanti della mia infanzia.

Quella mattina quando arrivai a scuola mi sedetti su una piccola sedia (non ne ho mai trovata una  proporzionata alla mia statura fuori misura) e posai impacciata lo zaino sulle mie gambe. Poi passarono i giorni e anche gli anni. Così imparai a leggere e a scrivere e cominciai a conoscere il mondo intorno a me e a saperlo raccontare in quelle mini storie che la maestra ci assegnava da comporre per casa. Mini storie che con gli anni sarebbero diventate racconti o pensieri annotati sulle note di un cellulare o su una delle ultime pagine del mio diario. Facevo tutto con precisione e ordine, i compagni di una vita che non mi abbandoneranno mai. Ricordo le amicizie che sono nate tra i banchi di scuola e che proprio tra quei banchi sono naufragate, perché doveva andare così. Ricordo anche di quando alle medie iniziai a uscire il pomeriggio dopo avere studiato, e quanto questo mi facesse sentire "grande".

Non saprei comunque riassumere in poche righe tutte le cose che ho imparato in questi anni, e quante, di contro, sono state le cose che ho dimenticato per fare spazio a delle nuove.

Innumerevoli sono stati i pomeriggi in cui ho odiato quello che stavo studiando, ma innumerevoli sono state anche le volte in cui mi sono appassionata a quello che leggevo. Come quando ho letto di Ettore e Andromaca e mi sembrava di essere quasi l'ancella che portava tra le braccia il piccolo Astianatte, come quando ho avuto modo di sfiorare con la mente le colonne del tempio di Atena, quando ho scoperto la storia che ha portato l'Italia a essere un Paese unito. O ancora come quando ho imparato che a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, quando ho scoperto che ci sono delle leggi che regolano la nostra evoluzione o quando ho capito che il corpo umano è un sistema tanto perfetto quanto estremamente fragile. Ci sono state le mattine in cui avrei voluto essere alle Maldive, ai Caraibi, e invece ero a scuola, tra i banchi. Oppure quelle in cui avrei voluto zittire la sveglia immediatamente. Però ci sono stati anche quei giorni in cui a scuola ho riso tanto, ho capito cosa significa "fare parte di una squadra", ho scoperto che se di invidia ce n'è tanta, di affetto ce n'è moltissimo.

Ci sono state lezioni dopo le quali mi sono resa conto di quanto la cultura rende chi la coltiva libero, padrone di sé e delle proprie idee. Inutile dire che ci sono stati professori che ho amato con tutta me stessa, professori nei confronti dei quali nutrirò sempre una profonda stima per la passione che trasudava e continuerà a trasudare dalle loro parole, la stessa passione che sono stati capaci di trasmettere ogni volta che hanno varcato la soglia della mia classe. Non potrò mai dimenticare la fiducia che hanno riposto in me, la loro gratitudine e riconoscenza. Superfluo è aggiungere che ci sono stati anche quelli di cui mi auguro di non ricordare il nome perché sono stati proprio loro che non hanno contemplato quei valori cui cercavano di educarci, primi tra tutti il rispetto reciproco e la correttezza morale.

Questa mattina, mentre stavo tirando brevemente le somme di questi anni, mi sono resa conto che sono arrivata alla dodicesima di quelle mattine che si prospettavano all'orizzonte del mio futuro nel 2003. Sono proprio arrivata qui. Al mio ULTIMO "primo giorno" di scuola.

Mi guardavo allo specchio oggi, ma mia madre non c'era. Il grembiule neanche. C'era una me cresciuta e un nuovo orizzonte da raggiungere. Ricostruire la cronologia dei cambiamenti di questi anni mi spiazza...se solo prendo in considerazione il fatto che a piccoli passi sono diventata quella che sono oggi senza accorgermene, trascinata della corrente del tempo. Per altre sole 200 mattine salirò la piccola gradinata che porta all'ingresso del mio liceo e da lì alla mia classe. Ancora per poco sentirò lo stridere del pennarello sul lucido piano della lavagna e il rumore della campanella o avrò freddo aggirandomi nei corridoi della scuola. Poche volte dirò ancora "dobbiamo fissare il compito in classe" o "come hai tradotto il rigo di questa versione?". Mi toccherà ancora qualche pomeriggio in cui starò sul gruppo classe a "organizzare i turni". E per quanto queste e tante, anzi, tantissime altre cose mi hanno portato  talvolta a dire "finalmente questo liceo sta finendo", sento il bisogno di dire "purtroppo quest'avventura sta terminando". Tra poco andrò a disfare lo zaino e tirerò fuori i libri come sono solita fare, e, chissà, sarà un pò come affondare la mano in un presente che a piccoli passi si trasformerà in un passato finito per sempre senza possibilità di ritorno.

Sarà un po' come avvicinarsi adagio ad un futuro tanto sconosciuto da fare quasi paura, quasi gioia, da sembrare quasi di nuovo un'altra "prima volta".

 

Federica

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