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#Maturità2016: Prima Prova. Svolgimento Tema Storico

13 giugno 2016
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Tema Storico: ecco qualche suggerimento per affrontare questa traccia della prima prova della Maturità 2016

“L’uomo è per natura superiore, la donna inferiore; il primo comanda, l’altra ubbidisce, nell’uno v’è il coraggio della liberazione, nell’altra quello della subordinazione”.

Descrizione perentoria e misogina quella data da Aristotele all’interno della Politica. Spostandosi sulla linea del tempo e dei fatti storici si può osservare come l’emancipazione sociale e politica della donna abbia trovato davanti a sé un percorso pieno di ostacoli e di battaglie. Un semplice segno come una ‘X’, impresso su un foglio di carta, portò, al suo interno, secoli di rivendicazioni sociali, politiche, economiche e di genere.

La conquista dei diritti politici non fu una semplice estensione progressiva dei diritti democratici e liberali, ma una dura battaglia tesa a un pieno accesso alla sfera pubblica da parte della donna. Da un punto di vista storico, le prime attestazioni di un pieno suffragio universale si hanno, alla fine dell’800, in Nuova Zelanda che è da considerarsi come la prima nazione a estendere il diritto di voto anche alle donne. In ambito europeo furono i paesi scandinavi a concedere per primi il diritto di voto al mondo femminile, seguiti poi dalla Russia con la Rivoluzione Bolscevica e gli strascichi, in essa contenuti, che ancora oggi si possono osservare.

Altre nazioni, tra cui l’Italia, non riconobbero il suffragio femminile se non più tardi e non senza aver mostrato diniego nei confronti del movimento emancipazionista femminile. Basti pensare al movimento provocatorio delle cosiddette ‘suffragette’, che vide la luce in Inghilterra nella metà del XIX secolo lottando per un pieno raggiungimento dei diritti delle donne, oppure al ‘martirio’ di Olympe de Gouges che, nella Francia rivoluzionario del 1789, scrisse un romanzo sui diritti delle donne rendendola invisa al Direttorio, condannandola poi a morte. Nel contesto italiano, invece, il raggiungimento del suffragio universale del 1946 fu una lento processo di stratificazione intellettuale e politico, che percorre tutte le fasi della storia d’Italia dalla sua Unità fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

L’immaginario maschile era ancora esclusivamente caratterizzato da un ruolo femminile solo di carattere privato e materno che non permettesse una libera emancipazione del ruolo e dei diritti della donna. Sebbene un intellettuale come Mazzini parlò di diritti e doveri dell’uomo, volti a creare una società solidale, rafforzando il ruolo autonomo della donna e descrivendone la necessità di una reale partecipazione attraverso l’assunzione delle sue responsabilità, l’establishment politico e sociale italiano dell’800 era ancora esclusivamente costituito da una predominanza tout court dell’uomo sulla donna.

Dal 1861, anno dell’Unità, fino alla svolta politica determinata dalla Sinistra Storica, il processo che permettesse un primo allargamento del diritto di voto non fu mai preso in considerazione, se non all’interno di timidi decreti mai realmente discussi. Solo con il governo Depretis, che si apprestava a mettere mano all’allargamento del suffragio, furono avanzate delle proposte di allargare il voto anche alla componente femminile, trovando però un forte oppositore in Giuseppe Zanardelli e nella sua completa adesione ad un suffragio puramente maschile. Le tradizioni e la cultura socio-politica erano ancora legate a una concezione della donna all’interno della sfera privata. Il primo passo di conquista avvenne solo nel 1890, anno nel quale l’opinione pubblica cominciò a mutare i propri sentimenti per quanto riguardava il voto amministrativo, tanto che fu permesso alle donne di votare ed essere votate nei consigli di amministrazioni delle istituzioni di beneficienza. Qualcosa stava cambiando nel panorama politico e intellettuale italiano di fine secolo, sebbene in maniera indiretta; le fratture politiche crearono un piccolo spazio di apertura nei confronti della partecipazione femminile, indicativa è l’elezione nel Parlamento del primo deputato del nascente Partito Socialista, che racchiuderà al suo interno tutte le forze sociali espressione di una volontà di cambiamento. L’avvento dell’età giolittiana e della debolezza governativa portò l’Italia all’entrata nel primo conflitto mondiale, senza che molti passi furono fatti sull’allargamento del suffragio alle donne. Da menzionare sono, però, l’intensa attività di Adelaide Coari, femminista di stampo inglese che redasse un manifesto femminista per la piena concessione dei diritti alle donne tra cui il diritto di voto amministrativo, e della socialista Anna Kuliscioff, moglie di Filippo Turati, che, in contrasto con la linea di partito, scrisse che era a favore dell’estensione del diritto di voto alle donne. La fine della Prima Guerra Mondiale, con le conseguenti ricadute economiche e sociali, vide l’ambiente italiano attraversato da correnti sempre più reazionari e nazionaliste. Nel 1912 era stato decretato il suffragio universale maschile senza che nemmeno una menzione fosse fatta a riguardo delle donne e, proprio la guerra, fece tacere ogni forma di possibile dialogo. Il diritto di voto alle donne trovò posto poi, quasi con sorpresa, all’interno del manifesto dei Fasci di combattimento creati da Benito Mussolini che promuoveva la nascita di una nuova ‘Italia’ costituita su un pieno un primo vero riconoscimento di parità tra donne e uomini. Con l’avvento del Fascismo, però, queste ‘promesse’ d’inizio secolo furono abbandonate a causa della deriva autoritaria intrapresa dal Fascismo che sciolse addirittura tutti i partiti politici e tolse il diritto di voto ai cittadini se non in forma solamente plebiscitaria. Solo con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale la società aprì gli occhi in maniera coerente al ruolo svolto dalla donna all’interno della vita della nazione. Con gli uomini impegnati nel conflitto, il ruolo della donna dovette sopperire anche a quello maschile, arrivando in moltissimi a casi a svolgere funzioni e mansioni che prima erano solo destinate agli uomini. La caduta del Fascismo e l’Italia occupata dai nazisti creò un clima di profonda ri-considerazione dei pilastri politico-sociali-economici che avevano costituito la nazione dalla sua Unità. Il ricostituito Partito Comunista e la Democrazia Cristiana furono, per volere dei loro leader, il cuore pulsante della necessità di dover allargare il diritto di voto alle donne, riconoscendo loro la piena partecipazione politica. Il CNL (Comitato di Liberazione Nazionale) si espresse nel 1944 a favore di questa scelta politica e, nello stesso anno, a Roma fu fondata l’Unione Donne Italiane, prima organizzazione legittimata nella storia italiana e la cui azione era di ottenere il pieno raggiungimento dei diritti politici per le donne. La necessità di ricostruire una nazione distrutta dalla guerra, aveva come obbligo quello di passare attraverso il pieno riconoscimento del ruolo della donna, sia in ambito interno che in quello internazionale; il 31 gennaio del 1945 il l’estensione del voto alle donne fu approvato dal Consiglio dei ministri rendendo, di fatto, la figura femminile capace di votare ed essere eletta, come l’uomo, nelle misure previste dalla nascente Costituzione.

La subordinazione femminile è stata sconfitta, sulla carta, dalla testimonianza del ruolo necessario della donna negli eventi della storia; una parità legale e politica che, ancora oggi, non coincide però con quella etica.

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