#Diario del Professore

Insegnanti, basta lamentarsi sempre!

24 giugno 2016

Ore otto di mattina. Ultimo collegio docenti prima delle vacanze estive.

È tutto l'anno che lo fa: speriamo che oggi si trattenga.

Che ne so, che guardi il lato positivo: adesso potrà riposarsi, e pure tanto, per dirne uno!

E invece no: come mi vede, attacca subito: “E com'è possibile, non potevano fissare il collegio un'ora dopo, poi oggi pomeriggio ci sarà un'altra riunione, ci tartassano sempre!”...

Perfetto: anche oggi un'altra dura giornata di lamentele.

Durante l'anno, un disco rotto: se non era per le riunioni, era per i genitori; se non era per i ragazzi difficili, era per il dirigente.

Io adesso chiedo scusa a tutti quelli che non si lamentano mai o si lamentano il giusto, chiedo scusa a quanti fra i miei colleghi apprezzano e danno il giusto valore al proprio lavoro, ma è ora di dirlo: gli insegnanti sono mediamente la categoria di lavoratori più votata al piagnisteo.

O almeno: la categoria che ho incontrato io, che prima di insegnare ho lavorato per dodici anni in tanti altri settori.

Ragazzi, io lo so che motivi per essere incazzati ne abbiamo tantissimi: i salari fra i più bassi d'Europa, le condizioni a volte difficilissime in cui ci troviamo, la poca tutela di fronte ai guai che possono capitare in classe o in gita... ma a sentire certi colleghi sembra davvero che non facciamo gli insegnanti, ma i minatori in qualche miniera inglese del 1800!

Sono d'accordo che a volte c'è bisogno di lamentarsi, ma qua le cose sono due:

1) O vi venite a sfogare tutti solo con me.

2) Oppure alcuni di voi hanno sbagliato mestiere.

La cosa più interessante, di tutta questa faccenda, è che con un così alto tasso di lamentela poi, quando ci sono scioperi e manifestazioni, ti aspetteresti un'adesione al 100%, tutti in piazza, gente che si fa incatenare al Ministero e altri che fanno scioperi della fame che neanche la buon'anima di Marco Pannella. E invece: niente. In piazza, il deserto. Scioperanti: nessuno.

Per cui io ve lo dico, cari colleghi con la propensione all'autocommiserazione: facciamo il lavoro più bello del mondo. Certo, fra moltissime insidie: ma pensate a tutti quelli che lavorano in linea senza aria condizionata, o ai disoccupati, o alle migliaia di precari che darebbero un rene per poter essere al vostro posto che, dalle vostre parole, sembra essere l'inferno.

E siate felici del lavoro che fate: altrimenti, come potete pretendere che i nostri ragazzi siano felici di venire a scuola, se vedono che voi siete i primi a non esserlo?

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