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Alternanza scuola-lavoro: il rimedio contro l'abbandono scolastico

11 ottobre 2016

L'abbandono scolastico è uno dei principali problemi che attanaglia il mondo scuola: l'alternanza scuola-lavoro parrebbe essere il metodo più efficace per riuscire a risollevare la situazione.

Proprio di questo si è occupata l'Ocse nel suo ottavo rapporto sullo stato delle società industrializzate, "Society at a glance", analizzando in modo particolare il settore dei giovani.

Lo studio ha tenuto in considerazione gli indicatori sociali dei 35 Paesi membri, ma anche di stati quali Russia, Cina, Brasile, Argentina, Sudafrica e Arabia Saudita. Il quadro offerto dall'indagine è abbastanza tetro: 40 milioni di ragazzi appartengono alla categoria Neet, ovvero giovani che non studiano né lavorano. Molti di loro non hanno le competenze richieste dal mercato del lavoro, altri hanno addirittura problemi personali e sociali che di certo non facilitano il loro ingresso in senso lavorativo.

Prima della crisi il numero di Neet si aggirava intorno al 20%: adesso tale cifra ha raggiunto il 27%, un numero davvero allarmante. Questa percentuale comprende, per la maggior parte, giovani con livelli di istruzione molto bassi, che in genere non riescono neanche a concludere le scuole superiori o non frequentano alcun corso professionale dopo la scuola dell'obbligo.

La disoccupazione giovanile e l'inattività - con conseguente mancanza di produttività - è un neo maligno non solo in termini di costo (stiamo parlando di cifre che vanno dai 360 ai 605 miliardi di dollari), ma anche dal punto di vista relazionale: questa situazione che vivono i giovani se protratta per periodi troppo prolungati provoca isolamento e mancanza di coesione sociale.

L'obiettivo dell'Ocse è quello di "equipaggiare i giovani con le competenze professionali di cui c’è bisogno e creare passaggi fluidi tra scuola e lavoro". Per queste motivazioni si ritiene che l'alternanza scuola-lavoro rappresenti un valido sostengo per aiutare i giovani che non hanno più motivazione nello studio. I Paesi che sono stati i più bravi e celeri ad attivare questo sistema sono l’Islanda, l’Olanda e la Svizzera.

In questi tre stati, infatti, più della metà degli studenti lavora mentre studia. In Italia - così come in Spagna o in Grecia - soltanto uno su venti. È stato praticamente dimostrato che lavorare almeno 15 ore a settimana riesce a diminuire il rischio di abbandono scolastico perché si contribuisce all'aumento di attività di base, come la scrupolosità e la motivazione che possono essere indispensabili nella scelta di una carriera. Anche per gli universitari è consigliabile svolgere, in concomitanza allo studio, un'attività lavorativa di meno di 20 ore settimanali.

Qual è il problema nel nostro Paese? Sostanzialmente questo: i percorsi di alternanza scuola-lavoro sono troppo frammentati e spesso di traducono nello svolgimento di mansioni vaghe, poco formative, facili da dimenticare.

Cosa si dovrebbe realmente fare? Riformare i curricula delle scuole superiori al fine di garantire agli studenti l'acquisizione stabile di competenze che siano realmente utili sia a scuola sia nella vita. Altri stati ci sono riusciti. Quindi, perché noi no?

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