Lo ripeterò fino alla nausea, in particolare adesso che sta per ricominciare la scuola: io 'faccio' il professore, ma non 'sono' un professore.
A parte che non credo che l'uomo sia il lavoro che fa, casomai il lavoro può contribuire a fare, nel senso di formare, l'uomo, non ho mai creduto alla storia della vocazione, della missione. Varrebbe solo per gli insegnanti, e forse per poche altre categorie professionali, e non, per esempio, per un imbianchino, per un falegname, per un bancario?
Allora sarebbe come dire che ci sono lavori più importanti e lavori meno. Invece per me il lavoro è tutto uguale, ovvero, in potenza, indistintamente tutto brutto e "indignitoso", tanto che se potessimo non lavoreremmo, tanto che lavoriamo per aspettare le ferie, tanto che ci siamo creati una trappola perfetta, in cui addirittura crediamo e che addirittura nobilitiamo intellettualmente per sentirci più sereni con noi stessi, sul cui altare grettamente materiale sacrifichiamo l'immateriale che non tornerà mai e che invece è, o dovrebbe essere, l'unica molla, o una delle poche, che ci fa guardare avanti: il tempo libero, la curiosità, le relazioni umane, per dirne tre.
Poi, se insegnare fosse una vocazione o una missione, questo mi avvicinerebbe ai preti, alle suore, ai missionari: no, grazie, non ci tengo. Credo invece, e fermamente, che insegnare sia un mestiere – e non un'arte per cui, forse, ci vuole vera vocazione, e magari vero talento – come tanti altri, che si può imparare e insegnare e trasmettere, e che vada svolto con passione, sì, ma più ancora con umiltà, buon senso, professionalità. Cose, queste, che invece, pur nella mia limitata esperienza, ho visto rarissimamente accadere.
Al contrario, più che professionisti dell'insegnamento, come al limite accetterei di essere chiamato ma poi diventa un titolo troppo contorto e altisonante, ho visto tantissime penne rosse: magari di marca, magari che scrivono benissimo, ma non è poi nemmeno detto questo, ma vuote, sterili, noiose.
Per cui, se mi vedete in giro potete certamente richiamare la mia attenzione al grido di “Prof.!”, ma ci potrebbe stare che io non capisca che vi stiate rivolgendo proprio a me. Probabilmente, invece, girando la testa vedrò una cartoleria.
