Gli studenti impegnati nel progetto Erasmus non possono beneficiare del voto per corrispondenza poiché questo è previsto solo per coloro che si trovano all’estero per motivi di servizio o missioni internazionali (secondo quanto afferma il Decreto-Legge del 18 dicembre 2012, art.2), che tradotto vuol dire: i militari sì, gli studenti no.
Intanto sul web si scatenano le reazioni inferocite di quei 25.000 studenti sparsi per l’Europa. Il terreno comune è rappresentato dai maggiori social network. La pagina Facebook, creata da Valentina, una studentessa trentina in Erasmus a Bath, Regno Unito, ormai conta migliaia di fan. Su Twitter imperversa l’hashtag #iovogliovotare e su Vimeo il video in cui si vede un ragazzo schiaffeggiato ripetutamente e lo slogan recita: “Gli schiaffi della democrazia te li porti anche all’estero”.
Molti studenti non possono permettersi le spese di viaggio per tornare a votare nei loro comuni di residenza. Alcuni atenei privati hanno deciso di farsi carico del rimborso dei titoli di viaggio: ovviamente questo provvedimento non può che intensificare le differenze sociali tra gli studenti (tra chi frequenta un’università pubblica e chi no) e minacciare il principio democratico insito nel diritto di voto.
Infine, giusto per capire come 25 mila voti possano essere decisivi, è sufficiente dare un’occhiata a un passato recente: nelle elezioni politiche del 2006 la coalizione del centrosinistra, guidata da Prodi, vinse proprio per circa 24.000 voti rispetto alla coalizione del centro-destra capeggiata da Berlusconi.
Voi cosa ne pensate?
Bisognerebbe permettere agli studenti di votare anche dall’estero? È giusta la decisione del Consiglio dei ministri? Napolitano può fare qualcosa?