Vorrei raccontare una storia senza protagonista. Una storia senza eroi e senza lieto fine.
Lo chiamano tutti bullismo, sebbene non sia solo una questione di bulli ma anche di indifferenza e omologazione di massa.
Cosa avrebbe scritto una vittima di bullismo qualche anno fa?
“ Cara mamma,
Oggi non voglio andare a scuola.. ma sai io ho fatto i compiti! Ecco, io voglio andare a scuola, però per ora forse no. Ci sono dei bambini monelli sai, mamma. Sono più grandi di me, sembrano alti quasi quanto papà. Mamma, non voglio andare a scuola. “
Tornando nel 2015, il bullismo si è trasformato, e forse evoluto.
Adesso i bulli che si incontrano a ricreazione sono diminuiti. Sono diventati anonimi spettri che infestano la rete, sono voci di corridoio, sono sguardi torvi. Una vittima adesso non scriverebbe nulla. Si limiterebbe a leggere gli insulti su Ask e magari non rispondere; andrebbe a scuola con la testa bassa, consapevole di essere “sbagliata”; si circonderebbe di solitudine. Oppure potrebbe diventare un nuovo bullo.
In passato un bullo doveva necessariamente essere “alto quasi quanto papà”, adesso ha solo bisogno di un cellulare; non bisogna però dimenticare che questo non è solo il motivo per il quale il Cyberbullying ha superato il fenomeno che conoscevamo. Il punto è che si odia più di quanto si ami. Quella che dovrebbe essere una rete di solidarietà, è invece dimora di quell’indifferenza e solitudine che rappresentano alcuni degli ingredienti principali del bullismo.
E’ risaputo che l’odio generi odio. E’ risaputo che nessuno scelga di essere solo. E’ risaputo che a troppi non interessi. Sarebbe ora di dare voce a chi l’ha persa, di smettere di giudicare e iniziare a ascoltare. Ormai tutti potremmo essere vittime, come tutti potremmo essere bulli.
Sì, sarebbe ora.
Serena Buccoliero – R.I.S. del Liceo Scientifico Galileo Galilei, Spadafora (Messina)