Insegno Italiano e Storia ma la domanda più frequente che mi sento rivolgere è "E ora che film si guarda, prof?".
Forse sto sbagliando qualcosa, eppure sento che il cinema sia ancora un grande snobbato, a scuola come nella vita, poco conosciuto e in fondo poco amato.
Il teatro sì, vuoi mettere, il cinema ni.
I libri di testo sono ormai infarciti di riferimenti e rimandi a quel film o a quell'altro, tuttavia i miei colleghi ne conoscono pochissimi o non li usano quasi mai. Giusto i fondamentali, se va bene, ma lo sguardo - tocca dirlo - è spesso da multisala.
Alla fine un film è ancora per passare in scioltezza una serata, o del tempo, o una lezione.
Che Alfieri meriti davvero più spazio di Rossellini? Oggi, nell'era della proliferazione delle immagini, che vengono prodotte in quantità smisurata ma raramente capite, o solo assorbite? Dice più, del Settecento, Parini o "Amadeus" di Forman?
Se dicessi a una riunione di dipartimento che Kubrick è il più sbalorditivo pensatore del Novecento, cosa in cui credo fermamente, mi mangerebbero vivo.
E quella palla mostruosa di Pirandello (poetica straordinaria, prosa da endovena)? E Svevo allora? E Pavese, che a scuola non si raggiunge mai? E Pasolini? Tutti grandissimi, certo, ma perché i registi no? O semmai: perché sempre più dei registi? Vi concedo Montale, il più clamoroso esempio di "letteratura visiva, cinematografica" dai tempi di Dante.
L'ultimo film visto, in ogni caso, in una Prima, è stato "Rushmore", di Wes Anderson, messo in relazione drammaturgica col "Giovane Holden" di Salinger, che stiamo leggendo in classe. È venuta fuori una roba strana, inclassificabile, fra differenze e affinità, trasposizioni fedeli o ispirate, adattamenti e riletture, posizioni retrograde e conservatrici (i libri sono sempre meglio dei film) e bagliori di postmodernità.Mi sembra abbia funzionato, ma come sempre potrei sbagliarmi. Ritenterò, per assicurarmene; ma forse anche per saltare un paio d'ore di lezione.