
Non si tratta di una scelta politica: in Italia ci sono università di serie A e di serie B nei fatti. Con queste parole possiamo riassumere l’intervento del premier Renzi tenuto all’inaugurazione dell’anno accademico al Politecnico di Torino, occasione in cui il Presidente del Consiglio è voluto ritornare sulla questione della meritocrazia, la stessa che da tanti anni fa scontrare politici, sindacati e comuni fruitori del servizio scolastico.
Il premier ha voluto sottolineare quanto la categorizzazione degli atenei per qualità non sia il frutto di decisioni politiche unidirezionali o di favoreggiamenti, ma piuttosto il risultato dei diversi percorsi e delle diverse scelte che ogni università ha la facoltà di compiere negli anni. Sempre stando alle sue parole, è ingiusto negare che le università italiane non siano tutte allo stesso piano ed è “antidemocratico” rifiutare la logica del merito e della valutazione all’interno degli atenei. In democrazia, il principio di uguaglianza vale applicato alle condizioni di partenza, non di arrivo, ed è pertanto naturale che si creino delle differenze, nelle università così come in tutti gli altri ambienti della società.
Renzi interviene al Politecnico di Torino: "Ci sono università di serie A e di serie B, ridicolo negarlo".Le parole di Renzi non sono da intendere come una scure da abbattere sulle università più deboli, ma piuttosto come un incentivo indirizzato agli atenei affinché riconoscano i loro punti più fragili per ripararli e i loro punti di forza per farne la propria identità. Non si può pensare di pareggiare il livello di tutte le nostre università per farle competere a livello globale, perché allora verremmo continuamente surclassati.
Allo stato attuale delle cose, il fondo ordinario di finanziamento delle università ammonta a circa 7 miliardi di euro e viene assegnato in base a due contributi: la quota base, che tiene conto delle esigenze dell’ateneo, e la quota premiale, su cui incidono fattori come la ricerca, le politiche di reclutamento, la didattica e l’attività a livello globale.
Le reazioni alle dichiarazioni di Renzi sono state disparate. Gianluca Scuccimarra, coordinatore dell’Unione degli Universitari, ha accusato il premier di esprimere “un’idea di università diametralmente opposta a quella della nostra Costituzione”. Ha poi aggiunto: “Rispondiamo che antidemocratico e antimeritevole è un diritto allo studio inesistente, messo in ginocchio da anni di mala politica e sottofinanziamenti”.
Di diversa opinione è Virgilio Falco, portavoce del movimento StudiCentro: “Chi contesta Renzi per aver detto oggi, senza falsa retorica, che non tutte le università italiane possano competere a livello globale, vive nel mondo dei sogni. Dare più fondi alle istituzioni accademiche che hanno sperperato meno e fatto crescere il nostro Paese per la ricerca e la qualità della formazione è un principio dal quale non si può tornare indietro.”.
Adesso chiediamo a voi: cosa ne pensate delle parole del Presidente del Consiglio? Credete che portare tutti gli atenei italiani sullo stesso piano a prescindere dai risultati ottenuti nella didattica e nella ricerca possa rilanciare l’università italiana a livello mondiale? Oppure ritenete che uno scenario del genere sia utopistico, se non addirittura contrario ai veri principi di democrazia? Commentate o scriveteci a infostudenti@scuolazoo.it!
Riccardo Gemma