Anche se non sempre ci appaiono evidenti e lampanti, soprattutto a noi uomini del terzo millennio che viviamo in un mondo già sensibilmente proiettato nel futuro, le discriminazioni sociali sono ancora molto radicate nella nostra società, meno che mai nei confronti delle donne. Come tutti sanno, l’8 marzo è una data simbolo di questo disagio che in tante ancora vivono; una giornata che dovrebbe sempre farci riflettere, promettere e convincere che le donne meritano molto di più, perché esseri umani e in questo tali e quali agli uomini.
Naturalmente, il giorno dell’8 marzo ha un significato storico ben preciso, che ne fa qualcosa in più del semplice giorno in cui regalare fiori di mimosa ad una donna. Questa data, in realtà, affonda le sue radici nel lontano 1907, anno in cui il VII Congresso della II Internazionale Comunista, riunitosi a Stoccarda, metteva definitivamente in tavola la discussione sul suffragio universale femminile e, più genericamente, sui diritti delle donne, soprattutto in ambiente di lavoro.
Contemporaneamente, spostandoci negli Stati Uniti, la socialista Corinne Brown battezzava “Woman’s day” la domenica di una conferenza da lei presieduta; nell’anno successivo, il partito socialista americano proponeva di riservare l’ultima domenica di febbraio come giornata in onore delle donne e così fu. Il “Giorno delle Donne” degli anni seguenti fu da allora una grande occasione di dibattito politico, per il diritto di voto, e sindacale, per porre l’attenzione sulle condizioni lavorative delle donne.
In Europa si dovette attendere il 1911 per vedere importata questa “celebrazione” in alcuni Paesi del nostro continente, fra cui, in prima linea, Germania, Austria, Svizzera e Danimarca. Il primo conflitto mondiale causò però una battuta d’arresto del rispetto di questa festività che andava diffondendosi nelle Nazioni belligeranti, finché non venne ripresa l’8 marzo 1917 in una Russia in tumulto per le rivoluzioni interne, in occasione di una significativa manifestazione in rosa a favore della fine della guerra.
In Italia, invece, la prima “Giornata Internazionale della Donna” si tenne solo nel 1922, per iniziativa del Partito Comunista Italiano. Bisogna però dire che, all’origine della ricorrenza, non ci fu il famoso incendio di una fabbrica (la Triangle, industria produttrice di camicette) in cui morirono oltre 100 operaie; la tragedia avvenne storicamente il 25 marzo del 1911 a New York, ma solo una fantasiosa versione del dopoguerra pose questa vicenda alla nascita della simbolica giornata.
Successivamente, nel 1946, fece la sua comparsa il fiore di mimosa, elevato a simbolo della “Giornata Internazionale della Donna” per iniziativa dell’Unione delle Donne d’Italia: la scelta ricadde su questi noti fiori dai tipici colore e forma perché sboccia proprio verso la fine dell’inverno e poi perché facilmente reperibile, anche a basso costo.
Questi i dati storici più essenziali, anche se si può considerare ingiusto ridurre a così brevi parole un cammino verso la libertà e i diritti ben più lungo e complicato, che molte donne, oggi, non hanno ancora smesso di compiere. Rendiamo onore allora, l’8 marzo come tutti i restanti giorni dell’anno, alle donne che ci rendono senz’altro la vita migliore; citando una celebre canzone di James Brown, questo è un mondo di uomini, in cui l’uomo ha fatto e costruito molto, ma non sarebbe niente, nemmeno la più piccola cosa, senza una donna di cui prenderci cura.
Riccardo Gemma