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Torino, paura in Piazza San Carlo: non dite più che è stata una bravata

5 giugno 2017

Piazza San Carlo a Torino: la paura e i feriti non possono essere "solo una bravata"

Sono stati loro? Non sono stati loro? I ragazzi Juventini fermati per la notte di terrore di Piazza San Carlo di Torino, sembra che siano stati rilasciati. Quello che è accaduto davvero durante la finale di Champions non si sa: è stato fatto scoppiare un petardo? Qualcuno ha urlato bomba? Gli investigatori indagano e ancora non esiste una versione ufficiale dei fatti. Quel che è certo, però, è che qualora si fosse trattato di uno scherzo, definirlo una bravata è a dir poco inopportuno. L’opinione del nostro prof per riflettere un po’.

PER FAVORE, NON DITE PIÙ ERA “SOLO UNA BRAVATA”

È ora di darci un taglio, che dite? Diamoci un taglio con questa storia del “Era solo una bravata”. L'altra sera è successo di tutto in piazza San Carlo a Torino, c'è chi ha rischiato di morire, diverse persone vivranno nel panico per molto molto tempo. E come si è giustificato il ragazzo che ha dato inizio a tutto? “Una bravata”. Facciamo chiarezza. Una volta per tutte. Tirare un gavettone. Suonare un campanello e scappare. Fare un disegnino sconcio alla lavagna durante la ricreazione. Queste sono bravate. Provocare feriti, mandare bambini all'ospedale in condizioni gravi, creare panico e traumi, queste non sono bravate. Questi sono
reati penalmente perseguibili. Quindi, a rigor di lingua italiana: azioni criminali. È da troppo tempo che assistiamo al giochetto del nascondino dietro la parola “bravata” o “ma sì, noi stavamo solo scherzando”. Dietro questi termini sembra che possiamo metterci tutto: atti di violenza grave come – lo ricordate? – quegli infami che avevano infilato nel sedere del compagno un tubo, offese e ingiurie, scuole allagate. E sapete di chi è la colpa? No, non solo della stupidità dei ragazzi direttamente responsabili: la colpa è di tutti quegli adulti – genitori, insegnanti, parenti e conoscenti – che hanno il coraggio di giustificare l'ingiustificabile, che mascherano azioni criminose col termine “scherzo, gioco da ragazzi” solo perché commesse da minori (o probabilmente minorati, diciamolo, senza paura di offendere nessuno, perché una cosa del genere io me la aspetto da uno che non ci sta tanto con la testa, se a una settimana dalla strage di Manchester hai il coraggio di urlare “Attentato!” in mezzo a migliaia di persone in una piazza). Basta chiamarle bravate. Basta giustificare sempre e comunque questi ragazzi. È ora che imparino il concetto di azione e reazione, di responsabilità. E che la linea che divide lo scherzo dall'offesa o dal crimine non è così difficile da vedere: è quella fin dove non si fa male nessuno.
PAGA CON

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