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Bullismo nelle scuole: quando una giornata internazionale non basta

8 febbraio 2017

Ieri, 7 febbraio 2017, sono state celebrate due giornate importanti. La prima, a livello mondiale: il Safer Internet Day, una giornata promossa dalla Commissione Europea a favore della sicurezza in rete, giunta alla XIV edizione. La seconda, tutta italiana: la prima Giornata Nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo.

La data scelta per questo secondo evento non è, dunque, casuale. Il Miur ha deciso di contribuire, a suo modo, alla lotta contro un fenomeno di non facile contrasto. Lo slogan ideato per l'occasione è "Un Nodo Blu contro il bullismo": l'invito rivolto a tutti gli studenti italiani è stato, infatti, quello di condividere il nodo blu sui loro canali social, usando l'hashtag #UnNodoBlu, un gesto simbolico per schierarci tutti quanti contro un comune nemico e usare il web in modo intelligente.

Giornata nazionale contro bullismo e cyberbullismo: perché non può bastare

Le giornate mondiali sono un po' come un ombrello pagato pochi spiccioli che ti ripara da una pioggia leggera. Basta un soffio di vento un po' più forte o uno scroscio più intenso che l'ombrello si rompe. E tu ti ritrovi completamente fradicio.

Ieri, a Roma, è stata presentata la Guida al bullo 2.0 e sono state numerosissime le iniziative portate avanti nelle scuole di tutte le regioni italiane. La situazione che vivono i giovani ogni giorno, di contro, non è per niente positiva e non ci lascia sperare che ricordarsi di un problema un giorno all'anno possa essere la soluzione migliore e definitiva.

Sicuramente è qualcosa. Ma il rapporto del Censis del 2016 ha fatto emergere che il 52,7% degli studenti di età compresa tra gli 11 e i 17 anni ha subito comportamenti non solo offensivi, ma anche violenti da parte di coetanei. Il dato spaventa, anche perché la percentuale delle vittime di bullismo aumenta tra i giovanissimi (fascia 11-13), raggiungendo il 53,3%.

Educazione all'uso corretto della rete: ecco cosa manca

Se i numeri sul bullismo dal vivo non dovessero essere sufficienti, i sondaggi ci informano che anche il cyberbullismo è una piaga sociale destinata a crescere costantemente. Il problema fondamentale è che i giovani non sono pienamente consapevoli che tutto quello che fanno sui social e servendosi di dispositivi informatici può avere ripercussioni reali sulle vite di altre persone. Il 40% dei ragazzi di età compresa tra i 14 e i 18 anni passano online più di 5 ore al giorno. Stanno per la maggior parte del tempo su WhatsApp (80,7%), Facebook (76,8%) e Instagram (62,1%). Imbarazzante il fatto che il 14% del campione intervistato da Generazioni Connesse, il Safer internet Centre italiano coordinato dal Miur, non controlli mai se le notizie trovate in rete siano bufale o veritiere. E, sappiamo bene come un titolo sensazionalistico possa provocare, soprattutto tra i giovanissimi, reazioni spropositate di rabbia e odio. Per questo motivo bisognerebbe educarli a un uso più consapevole della rete, oltre che ad una navigazione più sicura, perché siamo di fronte a una vera e propria forma di analfabetismo digitale.

Per 8 giovani su 10 insultare online è normale

Uno studio condotto da Anna Maria Giannini, direttrice dell'Osservatorio di psicologia della legalità e della sicurezza all'Università La Sapienza di Roma, ha analizzato 1.500 ragazzi delle Scuole Secondarie di primo e secondo grado. Dalla ricerca si evince che per 8 giovani su 10 non è grave essere aggressivi con le parole sui social, offendere, denigrare, deridere gli altri perché nella loro testa non corrisponde a violenza fisica. 7 su 10 non considera grave neanche pubblicare immagini non autorizzate di altre persone.

Oltre ai loro coetanei, il bersaglio degli insulti è più comunemente i personaggi famosi. Questo atteggiamento un po' bellicoso viene inteso come frutto della libertà di poter esprimere il proprio pensiero, senza freni. Lo schermo protegge e fa diventare tutti più grossi, portandoci a scrivere cose che dal vivo non ci sogneremmo mai di tirare fuori dalla bocca. Allora, forse, penso che Eco avesse ragione.

Il web è diventato un assassino silenzioso che miete più vittime di quelle che riesce a salvare. Si dovrebbe trovare un modo per far capire ai giovani che le parole hanno un peso. A volte più delle botte. E fare in modo che "Be the change: unite for a better internet", il motto del Safer Internet Day, diventi il loro nuovo modo di vivere la rete, per renderla finalmente un posto sicuro.

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