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La storia di Emily, suicida a scuola a causa dei bulli

6 ottobre 2016

Bulli: un incubo silenzioso che si consuma nelle aule delle scuole, taciuto per vergogna, per paura di raccontare quello che è stato vissuto. Umiliazioni, grida che nessuno sente, insulti che fanno male come un coltello e creano una ferita profonda, difficile da cicatrizzare.

A volte però accade che questo muro del silenzio venga abbattuto da chi trova la forza, il coraggio e il bisogno di denunciare, di raccontare cosa voglia dire vivere tutto questo. Tra queste persone ci sono i genitori di Emily, una delle tante vittime del bullismo, che si è tolta la vita perché portata all'esasperazione dai compagni di scuola.

Aveva soltanto 17 anni quando i genitori l'hanno persa e dopo tante lacrime versate hanno deciso che fosse giunto il momento di parlare perché non è più possibile che episodi del genere rovinino intere esistenze, spazzandole via come fossero granelli di polvere. Emily amava gli animali e sognava di diventare veterinaria. I compagni la giudicavano per il suo modo di vestire, considerato poco alla moda. Il dolore vissuto ogni giorno aveva portato la giovane a pesare soltanto 42 chili e i suoi pensieri si sono pian piano consumati fino alla sua decisione finale.

Di recente è stato anche pubblicato il diario della ragazza, nel quale trovava un briciolo di conforto raccontando gli aneddoti vissuti a scuola.

"Le toilette sono il solo angolo di questa maledetta scuola dove sono sicura di stare tranquilla. Riuscire a risparmiarmi un quarto d'ora di supplizio rende la mia giornata meno insopportabile. Purtroppo, questo momento di pace dura sempre troppo poco. Mi sentivo addosso gli sguardi degli altri. Vedevo i loro sorrisetti quando mi fissavano, sentivo che guardavano le mie scarpe da ginnastica vecchie, i miei jeans sfilacciati, il mio maglione con il collo alto e il mio zainetto. Ho sentito qualcuna chiamarmi 'barbona'. Dieci metri di cortile, 156 gradini e un corridoio ci separavano dalla classe. Questo per me era come il percorso del combattente. Schivare i colpi, i calci, gli sputi. Chiudere le orecchie per non sentire gli insulti e le prese in giro. Controllare il mio zaino e i capelli. Trattenere le lacrime. Ancora e ancora. Durante questi minuti infiniti."

Nel diario di Emily si legge anche che i suoi insegnanti non comprendevano quanto dolore e disagio questa situazione costante le potesse provocare e questo fa riflettere su quanto lavoro ci sia ancora da fare per formare i docenti delle scuole a riconoscere per tempo gli episodi di bullismo e fare qualcosa di concreto per arginare il fenomeno.

"Un ragazzo mi spinge, cado a terra davanti a tutti. Vedendoli ridere non sono riuscita a trattenere le lacrime. Rialzandomi a fatica ho sentito qualcuno gridare: 'Vuoi un fazzoletto?'. Attraverso il velo di lacrime ho visto che mi lasciavano dei fazzolettini usati. Ho sentito qualcosa finire sui miei capelli. Toccandoli alla ricerca di una pallina di carta o di una penna ho sentito un chewing gum, incollato a una ciocca. Nella toilette, due ore dopo, ho cercato di toglierla ma non ci sono riuscita. Ho dovuto tagliarmi la ciocca. Potevano prendermi in giro quanto volevano, sarebbe stato comunque meglio che girare con un chewing gum in testa".

I genitori non sapevano nulla e dunque non sono potuti intervenire per darle una mano. Ma adesso hanno deciso di alzare la testa e di dire al mondo tutto quello che Emily ha vissuto perché la prevenzione, spesso, è un buon modo per impedire l'insorgere di una malattia. E il bullismo è una malattia davvero molto grave, le cui cure sono di non facile somministrazione.
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