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Emma Bonino ha scritto un tema per voi: «Ragazze, lottate sempre contro chi vi discrimina»

21 ottobre 2019

Di cosa parliamo:

  • Emma Bonino ha cominciato la sua attività politica nel 1975 con il Partito Radicale: da quel momento ha ricoperto molti ruoli di spicco sia in Italia che in Europa, fra cui quello di ministra degli Esteri.
  • Si è battuta per il diritto al divorzio (prima dell'ingresso nel Partito Radicale) e all'aborto, per la legalizzazione delle droghe, per l'abolizione della pena di morte e delle mutilazioni genitali femminili.
  • In occasione della giornata mondiale delle bambine e delle ragazze, le abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia e di rivolgere un appello agli studenti e alle studentesse che seguono ScuolaZoo.

L'11 ottobre, i nostri R.I.S, Rappresentanti d'Istituto ScuolaZoo, erano alla Camera dei Deputati per la "Giornata mondiale delle bambine e delle ragazze". Un appuntamento organizzato dalla Fondazione Terres Des Hommes, che si batte da anni per proteggere i bambini da abusi e violenze, alla quale sono stati invitati a partecipare anche esponenti politici come i ministri Vincenzo Spadafora ed Elena Bonetti e la senatrice Emma Bonino. Abbiamo ospitato i loro interventi per una settimana: oggi è la volta del tema della senatrice Bonino, che ci ha raccontato una storia - la sua - sperando che possa ispirare le giovani generazioni a lottare sempre per i propri diritti e che può essere un ottimo spunto per un tema svolto in classe.

La lotta per la legge sull'aborto

«La mia carriera politica è iniziata per un dramma personale ed è via via maturata per la consapevolezza che c’erano donne che morivano perché non potevano scegliere cosa fare del loro corpo. Avevo ventisette anni e mi trovai un giorno a dover affrontare un aborto, per vicende varie. Avevo 27 anni e non usavo metodi anticoncezionali perché il mio ginecologo mi aveva detto fossi sterile. E invece non lo ero affatto. Non sapevo proprio come fare e cominciai a parlarne con le mie amiche, scoprendo, con mia enorme sorpresa, che tutte c’erano già passate. Ognuna di loro aveva un qualche indirizzo da darmi più o meno di nascosto, perché allora l’aborto era un reato, e qualcuna mi consigliò di andare a Firenze dal Dottor Conciani. Poi tornai e rimasi a fare la volontaria allo IAED l'Associazione italiana per l'educazione demografica, andando tre o quattro volte la settimana nel pomeriggio. Molte donne si rivolgevano a noi, ma per qualcuna di loro era già tardi, e io le indirizzavo di nascosto a questo dottor Conciani, peraltro bravissimo. [caption id="attachment_348996" align="alignnone" width="600"] Emma Bonino e Marco Pannella imbavagliati, durante una tribuna politica in Tv per denunciare la censura Rai nei confronti dei radicali.
Credits: Emma Bonino, 1978[/caption] Un giorno, era il 1974, lessi che una Signora chiamata Adele Faccio aveva aperto un centro di informazione per la sterilizzazione e l’aborto (CISA), fondato a Milano nel 1973 tra gli altri da Luigi De Marchi , con lo scopo di fornire informazione e assistenza su contraccezione, sterilizzazione e aborto. Da allora cominciai ad indirizzare le donne che volevano abortire a Milano, al CISA. Queste stesse donne quando tornavano mi raccontavano di non essere state colpevolizzate, ma anzi di essere state rassicurate e accompagnate in questa difficile scelta. Un bel giorno non sono più riuscita a reggere questa contraddizione tra il mio lavoro legale di volontariato allo IAED - perché il 10 marzo 1971 in Italia la Corte Costituzionale abroga l'articolo 553 del codice penale che vietava la produzione, il commercio e la pubblicità degli anticoncezionali - e il lavoro di questa signora al CISA di Milano, che invece era ritenuta in base al codice penale una criminale. Per questo motivo decisi di andare a vedere e trovai una donna più grande di me, molto determinata e molto più addentro alla politica, quella radicale. Decisi di rimanere lì, a fare insieme a loro i consultori pubblici: era un atto di disobbedienza civile e non pensavamo che avremmo risolto noi la questione dell'aborto clandestino. Poi questa cosa è esplosa. Dopo essere entrata in contatto con Adele Faccio, insieme a Marco Pannella e Gianfranco Spadaccia, cominciammo un percorso di aiuto pubblico ad alle donne che ne avevano bisogno. Un percorso finito con il nostro arresto. Infatti, dopo la pubblicazione, nel gennaio del 1975, di un servizio del giornale “Il Borghese” scoppiò il caso della clinica di Firenze in cui accompagnavamo le donne per abortire in sicurezza. In realtà avevamo assunto la responsabilità pubblicamente già da diversi mesi con Marco Pannella. In testa, Adele Faccio Gianfranco Spadaccia e i radicali tuti e io mi autoconsegnai per procurato aborto, andando volontariamente in carcere - dopo un periodo di latitanza. Marco Pannella mi mandò in Francia per prendere contatti, perché lì era già stata approvata la legge promossa da Simone Veil per la legalizzazione dell’aborto. Da lì, l’azione con il Partito Radicale ci fece ottenere, nel 1976, oltre 700 mila firme utili per avviare un referendum abrogativo riguardanti i reati d’aborto, quello che poi, due anni più tardi, avrebbe portato all’approvazione della legge che avrebbe riconosciuto il diritto della donna a interrompere la gravidanza gratuitamente e in maniera sicura presso le strutture pubbliche. Pertanto, quarant’uno anni fa l’interruzione volontaria di gravidanza diventava una possibilità legale per tutte le donne italiane. Era il 22 maggio 1978, la data in cui la legge 194 nasceva per mettere fine alle “mammane”, agli infusi al prezzemolo che provocavano emorragie o agli “interventi” con un ferro da calza fatti per poter abortire nella clandestinità. Ma quella legge aveva nel suo corpo una serie di compromessi. Era stata fatta in modo che anche la Democrazia Cristiana potesse accettarla astenendosi o in qualche modo uscendo dall’aula o votando contro. Ricordo quel periodo come una stagione di grande risveglio civile (erano gli anni del voto ai diciottenni, l’introduzione del divorzio, dei contraccettivi, l’obiezione di coscienza, il Diritto di famiglia). Quegli anni sono stati, almeno per me, degli anni di profonda vitalità e impegno. Di una presa di coscienza credo generale, non solo delle donne ma a partire dalle donne, sull’importanza della libertà di scelta e anche sulla questione che, come dire, chi aveva i soldi in qualche modo si arrabattava e chi non ne aveva rischiava anche la salute. Nonostante i suoi limiti anche teorici, la legge ha funzionato. Oggi ne usufruiscono soprattutto le donne immigrante che non hanno ben chiara la possibilità del family planning e della contraccezione. Restano tuttavia due limiti fondamentali: dell’obiezione di coscienza, da una parte - con la mancata applicazione in certe regioni per una sorta di obiezione di coscienza organizzata da parte dei medici a cui alcune regioni stanno ponendo un freno, aprendo per esempio dei concorsi a medici non obiettori e del rifiuto dell’aborto farmacologico – e, dall’altra, l’arretratezza anche scientifica, per cui in Italia, diversamente da altri Paesi europei, l’aborto chimico invece di quello chirurgico, dicasi l’utilizzo della pillola abortiva RU486, è stato ostacolato per molto tempo e anche oggi non viene utilizzato in modo sistematico. Oggi mi fa impressione che molti commenti che ricevo sulle mie pagine social, siano di accusa che abbia causato la morte di chissà quante migliaia di bambini, come se l’aborto lo avessi inventato io; ma non è così: ad abortire erano le loro mogli, fidanzate, sorelle, figlie e noi cercavamo solo di rendere il tutto meno umiliante, meno traumatico anche dal punto di vista medico e psicologico.

L'appello alle ragazze

Certo, rispetto a quando ero ragazza io, la sensazione riguardo alla condizione femminile è completamente cambiata e, occorre riconoscerlo, anche migliorata. Però la strada è ancora lunga e in salita, con rischi di ritorni indietro importanti. Ma sono ancora tante le battaglie da fare. Anzitutto per affermare quella sbandierata parità di genere che non si è mai realizzata pienamente, né in termini retributivi a parità di mansioni, né nel ricoprire incarichi apicali, che restano troppo pochi per le donne. Resta preponderante la battaglia contro il femminicidio, che purtroppo le pagine di cronaca ci raccontano con una frequenza allarmante. E alle ragazze di oggi, mi sento di dire che occorre impegnarsi per tentare di eliminare i fattori che le discriminano. Non basta un like o un tweet per spingere verso una reale parità e che i diritti sono come andare in bicicletta, per cui se smetti di pedalare cadi. I diritti vanno nutriti, difesi e promossi ogni giorno. Quello che mi auguro è che i ragazzi di oggi trovino la passione civica per lottare per i propri diritti e siano consapevoli dei relativi doveri in riferimento alle scelte che si fanno, l’impegno da solo non basta. Se ci si impegna a fare una cosa, è assolutamente indispensabile che l’impegno sia accompagnato dalla conoscenza, dalla cultura. Perché se cambiare si può, tentare si deve».
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