#Info studenti

Come affrontare il bullismo a scuola: la storia di Diana che tutti dovrebbero leggere

24 settembre 2018

Insieme contro il bullismo: la storia di Diana

Il bullismo è una merda. Lo sappiamo tutti, ma sembra che ancora troppi ragazzi si credano fighi prendendo in giro i compagni che sembrano più deboli e indifesi. Oggi vi riportiamo la storia di Diana Gini, una ragazza di 14 anni che ha deciso di raccontarci con coraggio il suo "inferno" durante gli anni delle medie, quando alcuni compagni hanno deciso di bullizzarla costantemente, coprendola di insulti e di minacce, fino a che non è stata obbligata a cambiare istituto. L'unico incubo relativo alla scuola dovrebbe riguardare compiti e verifiche a sorpresa, mentre si dovrebbe sempre ricordare con gioia i momenti trascorsi insieme ai compagni di banco. Per Diana, e tanti altri, la scuola si è trasformata in un incubo, una spiacevole pagina di vita dalla quale è uscita a testa alta, dimostrando di essere non debole, ma fiera e forte. Non prova rancore per i bulli, ma nelle sue parole si trova solo lo spavento prima e la speranza poi. Noi di ScuolaZoo siamo sempre qui con voi, e se anche voi come Diana volete raccontare la vostra storia, dare risalto alla vostra voce, potete scriverci. Siamo qua per ascoltare e condividere le vostre idee, paure, sentimenti, situazioni, anche quando vi sembra che non ci sia nessuno che vi stia ascoltando. Leggete la storia di Diana e se volete raccontarvi, scriveteci a sos.studenti@scuolazoo.it. Leggi anche la testimonianza di Micol e di Diana: tema-argomentativo-svolto-bullismo (1)

Bullismo a scuola: la testimonianza di Diana

Carissimi lettori di ScuolaZoo, come state?  A scrivervi sono io, una quattordicenne, che dopo aver subito per tanti mesi bullismo e cyberbullismo, ha deciso di raccontarvi la sua storia.

Voglio partire dal presupposto che ormai credo che non ci sia un motivo che scateni le prese in giro, e tantomeno che le giustifichi. In prima media ero una ragazza abbastanza goffa, robusta e bassina; non avevo molti amici, e odiavo seguire la moda. Per questo ho iniziato ad essere oggetto di vari insulti e pettegolezzi vari, uno dei più ricorrenti era “palla di lardo”. Lì per li riuscivo a non darci peso, ma accumulavo tutto.

Con il passare del tempo gli insulti aumentavano, ed erano sempre più pesanti. Io ho tre sorelle, di cui una gravemente disabile, alla quale voglio davvero tantissimo bene come alle altre, e i miei compagni di classe mi prendevano in giro dicendomi che io ero un errore proprio come lei. Nonostante io fossi forte, queste cose mi facevano male, e l’essere triste mi faceva venire voglia di mangiare ancora di più, scaricavo lo stress così, e purtroppo sono arrivata a pesare poco meno di settanta chili per un metro e cinquantatré di altezza.

Fortunatamente ho sempre avuto una famiglia stupenda al mio fianco, che sin da subito mi è stata accanto, portandomi da una psicologa che nel tempo mi ha aiutato davvero tanto. Verso la fine della seconda media, il bullismo non era più solo verbale, ma vi erano gruppi su Whatsapp fatti apposta per parlare di me, fotomontaggi che giravano tra le varie chat con commenti non belli da leggere. 

In terza media la situazione è peggiorata ulteriormente: hanno iniziato a chiudermi in bagno e io avevo paura a dire qualcosa, mi trovavo da sola contro sei ragazze. Con il passare del tempo, hanno iniziato a sparirmi varie cose: l’astuccio, il diario, i libri, i quaderni... addirittura mi strappavano i temi da consegnare alla professoressa.

Un giorno ricordo che addirittura mi hanno tagliato il giubbotto a metà con un taglierino: quel giorno sono uscita da scuola in lacrime, e subito dopo sono rientrata con mia mamma per andare da una professoressa che dopo aver ascoltato l’accaduto ha avuto il coraggio di rispondermi: “io non sono un’esperta di cucito, e non so dirti se si è rotto o se qualcuno accidentalmente te lo ha tagliato”. Mi ricordo che per me è stato davvero orribile sentire queste parole, dopo aver passato una giornata infernale.

Il 25 gennaio 2017 è successa un'altra cosa che mi ha segnato tanto: durante la ricreazione, tre ragazze mi hanno chiuso nuovamente in bagno, ma questa volta la cosa è durata per più tempo. Dopo un po’ mi hanno aperto, ma una di loro aveva un taglierino in mano, me lo ha puntato alla gola e mi ha detto: “Domani sarà il tuo ultimo giorno di vita”.  In quel momento la campanella è suonata, loro sono tornate in classe e io sono scoppiata a piangere. Sono corsa in classe. Ero spaventata. Mi ha fermato la prof di matematica, forse l’unica con la quale ero riuscita ad instaurare un dialogo, che mi ha chiesto se stavo bene. Ho risposto di sì, ma non era vero.

All’uscita ho raccontato tutto a mia mamma, che mi ha obbligato a cambiare scuola. Io assolutamente non volevo, la vedevo come una sconfitta. Il giorno dopo, però, siamo andati a fare un colloquio con la preside di una scuola di zona, e il giorno dopo ancora, venerdì 27 gennaio 2017, è stato il mio primo giorno lì.

Il mio percorso con la psicologa è stato davvero lungo, avevo perso la fiducia nelle persone, tant’è che avevo un trauma da contatto, ovvero appena toccavo una persona che non fosse mia madre, anche solo per abbracciarla, stringere la mano, io vomitavo. Con il tempo lo ho superato, ma è stato davvero difficile. Man mano ho perso anche peso, e sono riuscita a ricostruirmi una vita, senza dimenticare quello che mi era successo, ma facendone tesoro.

Io non sono arrabbiata con le persone che mi hanno fatto del male, non lo sono mai stata. Sono sempre stata spaventata. Pensate quanto dolore possano provare dentro, se per sentirsi vivi hanno bisogno di far sentire sempre un po’ più morti gli altri.  Ancora oggi non sempre riesco ad avere fiducia nei miei coetanei, e soprattutto nei professori, che sono quelle persone della quale dovresti poterti fidare, e con la quale poter parlare nei momenti complicati.

Ho appena iniziato il secondo anno di liceo, e adesso la situazione è migliorata e inizio ad avere fiducia nelle persone che compongono il mio ambiente scolastico. Ho deciso di raccontare la mia storia per incoraggiarvi. Per dirvi che se siete vittime di bullismo, dovete parlare e non stare in silenzio.  Magari con un amico fidato, e con i vostri genitori. Insieme potete rivolgervi ai professori, alla dirigenza e nel caso non bastasse alle forze dell’ordine. Queste cose non devono succedere, e non è stando in silenzio che noi contribuiamo ad eliminarle.

Se pensate di avere un amico vittima di bullismo, stategli accanto, parlate con un adulto nel caso lui per primo non lo volesse fare.  Vi ringrazio per aver letto la mia storia, fatemi sapere cosa ne pensate!

Diana Gini

Se cercate dei temi o spunti di riflessione sul bullismo, non perdete:

(Foto Credits: Pixabay)
PAGA CON

Ciao, benvenuto su ScuolaZoo! Come possiamo aiutarti?

ScuolaZoo